: Messico
Gabriela Malvido Oest

Assenza di Dio

 

"Dio non ha poli nè preferenze: è energia pura"

Testo Buddista agnostico, secolo VI  

Maria Zambrano, la grande filosofa spagnola, si chiede perchè l’essere umano abbia tanti problemi ad affrontare il divino. La nostra epoca, così repentina e veloce, ci porta ad adottare pratiche spirituali carenti di un compromesso con Dio o gli dei. Uno ha due possibilità di fronte al divino: venerare la sua presenza o negarla. Però eludiamo il principio fondamentale e vero della religione: una spiegazione etica sull’origine del bene e del male, sul perchè della luce e dell’oscurità e sul ritmo del progetto cosmico. Lo stesso succede con la fotografia, come dice l’artista e pensatore buddista Stephen Batchelor: “Ogni azione fotografica è un disegno fatto con luce”. Dobbiamo considerare inoltre che da un lato si trova l’inquadratura dell'artista e ciò che egli crede di vedere, mentre dall’altro lato ciò che lo spettatore intende di quella immagine. Scriviamo questi sillogismi perché al momento di osservare immagini di luoghi sacri certi concetti ci sfuggono con facilità. Quindi sorge la domanda: come affrontare le fotografie di Angkor dell’artista Gabriela Malvido? Dei due grandi complessi di templi antichi che esistono nel conflittivo sud-est asiatico, uno si trova a Bagan, Burma e l’altro ad Angkor, Cambogia. I templi di Angkor, costruiti dalla civiltà jerémer tra l’802 ed il 1220 dell’era moderna, rappresentano uno dei successi architettonici a lunga conservazione dell’umanità. Da Angkor i re jerémeri governarono un vasto dominio che si estendeva dal Vietnam ed una parte della Cina fino alla Baia del Bengala. Angkor Dak, la “città che è un tempio” fu concepita come uno specchio della costellazione del Drago. L’esuberanza della foresta, le leggende sulla città perduta e riscattata dai monaci buddisti nomadi, la numerologia che racchiude la cosmologia brahmanica, il ponte tra Cina ed India, il lago che serve da specchio e la strana fame degli alberi che divorano i templi sono solo alcune delle situazioni che generano l’alone di mistero su Angkor Thom che neanche Giulio Verne o Joseph Conrad avrebbero potuto sognare. Gabriela Malvido non scelse di fotografare la terribile realtà della Cambogia durante il suo viaggio nella città sacra, né di fotografare a sua figlia montando sull’elefante; né tanto meno scelse le inquadrature tipo "national geographic" quando arrivò ad Angkor Thom, la città tempio. Invece osservò come alcuni alberi si erano impossessati del Tah Prom, un tempio all’interno del complesso architettonico. La sua opera è una "sineddoche" di ciò che succede tra la natura e le opere umane. Gabriela scoprì che le radici multiformi abbracciano le strutture come se fossero il braccio giusto di un Dio assente che vorrebbe dare una lezione all’orgoglio degli uomini. Ricordiamo che sono trascorsi 145 anni nel tentativo di riscattare Angkor dalla ferocia naturale e dal saccheggio umano. Gli alberi, incuranti delle opere dell’uomo, sono cresciuti con un processo naturale nel trascorso dei secoli finché la loro presenza sopra il tempio impose una lezione ai monaci erranti. Costoro decisero che il cammino verso il Nirvana fosse un viaggio senza proposito e che la natura dovesse esercitare le sue leggi affinché fosse possibile l’armonia. In un mondo in cui stiamo cercando di riscattare tutto, ci sembra incomprensibile l’azione dell’albero sopra il tempio; per il mondo antico il progetto cosmico aveva altri meccanismi di metodo. Infine, ricordiamo le sagge parole del gran re jerémer Yayavaram VII, quando parlò delle sue intenzioni di edificare i templi: “Pieno di profonda simpatia per il bene del mondo, per concedere agli uomini l’ambrosia delle medicine per conquistare l’immortalità...Per la virtù di queste buone opere, vorrei poter riscattare tutti coloro che stanno lottando nell’oceano dell’esistenza...”.

 

Curatore: Vincenzo Sanfo

Testo di Carlos Aranda Màrquez

Con il patrocinio dell'Ambasciata del Messico in Italia