Italia
Enzo Cucchi
"La pittura è battaglia, sta di fronte alle cose"
Enzo Cucchi
"Si parla comunemente dell'espressionismo forte, barbarico, primordiale di cui Cucchi è naturale portatore, il che lo pone in sinergia non solo col Carrà del «richiamo all'ordine» ma anche degli espressionisti tedeschi della prima ora, da Nolde a Kirchner, senza dimenticare quella protagonista aggiunta che è stata la russa Marianne Werefkin. Di tutti loro Cucchi riprende, ma forse ritrova in proprio, per naturale scavo in un deposito filogenetico, quei monti aguzzi, foranti, o quegli edifici illimiti, che del resto sono pronti ad adattarsi alla natura del terreno e si incurvano per meglio assecondarla, rinunciando alla misura implacabile dell'angolo retto: edifici da sogno, emessi da quei viaggiatori nei reni del fantastico proprio allo stesso modo che i ragni ed i bachi emettono le loro bave." Così Renato Barilli insigne storico dell'arte parlava nel catalogo: - I percorsi acrobatici di Enzo Cucchi - nella presentazione dell'esposizione del maestro marchigiano a Cortina d'Ampezzo. Era il 2004. Nel testo spesso viene focalizzato "il trionfo dell'orizzontale" nella sua pittura: grandi figure, viandanti, sicuri personaggi che rassicurano la scena tutta: idoli che certificano la centralità del credo. L'approccio creativo di Enzo Cucchi, a mio parere, traccia la sua creatività attraverso un processo onirico, indispensabile il suo viaggio tra l'inconscio ed il sogno. Sicuramente la sua visionarietà richiede un viaggio mediatico da lui conosciuto. Questo sciamano dell'arte contemporanea, attraverso archetipi e simboli ai più dimenticati, con la chiave di un romanticismo espressionista, riesce a fondere nelle sue opere quella profondità fanciullesca che rende eterna la sua capacità creativa. Le sue opere hanno un reliquiario nascosto entro il quale egli sa raccontare e, spesso risolvere, i problemi del nostro quotidiano. Nel testo per la mostra al castello di Rivoli del 1993, Giorgio Versotti dice: "L'universo tellurico di Cucchi è il tempo cosmico, ciclico, il tempo opposto alla diacronia, dove le aporie si dissolvono: l'origine e la fine coincidono, la morte dà vita ad una rinascita, come nel ciclo delle stagioni delle cattedrali romaniche... il ricorrere delle forme ovali dell'opera di Cucchi si lega a questa visione cosmica, che contempla la compresenza degli opposti come i suoi esserini bicefali, doppi, contemplano il mondo... Origine di tutte le cose, l'uovo cosmico genera le pietre e le nuvole, le montagne, gli alberi, i volti. Genera il maschile e il femminile come principi anch'essi complementari, non opposti".
A lato di questo testo vi è pubblicato un disegno di cm. 20x12,5 'senza titolo' del 1993, nel quale chiaramente l'uovo cosmico è protagonista: come l'uovo cosmico è soggetto e archetipo nella scultura di marmo bianco dello stesso anno dal titolo 'Idolo da volo'. In questa scultura il maschile e il femminile sono chiaramente principi complementari e non certo opposti. Il ciclo dal titolo 'Idoli', dieci affascinanti sculture di diversi materiali - venne esposto per la prima volta a Roma nel maggio-giugno del 1993 presso la Galleria Oddi Baglioni per poi essere circuitato (come spesso accade per le opere di questo artista) in differenti musei internazionali. Il mio incontro con Enzo e la sua visita al Museo di Portofino permise alla sua creatività di "aggiungere" un altro protagonista o archetipo sciamanico in questa nuova scultura monumentale, di nuovo col titolo "Idolo da volo: l'acqua". Ecco il nuovo successivo passaggio, Cucchi aggiunge l'acqua al simbolo dell'uovo: ma non è l'acqua elemento indispensabile all'essenzialità dell'uovo? Il grande idolo ha di fronte a sé una coppa, un santo Graal che raccoglie questo elemento indispensabile per far nascere la vita in tutti noi. Sconvolgente è la pulizia nell'essenzialità della creatività di questo maestro dell'arte contemporanea. In un dialogo a colori tra l'artista e Achille Bonito Oliva, alla domanda che gli pone lo storiografo della Transavanguardia: "E qual'è l'occhio della cultura?" l'artista risponde:" L'occhio della scultura!? Masaccio, se tu lo leggi accademicamente, sembra una cosa completamente sbagliata, tu sai che invece, Donatello è la scultura. Michelangelo ha avuto necessità classiche, ha dovuto entrare nel classico, fare qualcosa di incredibile, leggere proprio i canoni classici per essere un grandissimo della scultura, ma Donatello è la scultura! E' diverso. Alcune mie opere sono piccole cose malate, piccole storie, è il risveglio buio, quella macchia d'olio dentro l'acqua di notte, è il risveglio buio".
Curatore Daniele Crippa
Con il sostegno di Museo del Parco, Centro Internazionale di Sculture all'Aperto, Portofino
Italia
Antonella Zazzera
Armonici
Il filo di rame di differenti colori e spessore è l’elemento unico che, abbinato alla luce, costituisce i lavori più recenti di Antonella Zazzera: gli “Armonici”. Queste sculture, strutture complesse che trovano sistemazione tanto a terra quanto a parete e che recentemente sono state adagiate anche sull’acqua, sono costituite da incommensurabili sedimentazioni di filo del più noto tra i conduttori di energia. Il legame di queste sculture dalle forme primarie, naturali e in stretta relazione con il corpo dell’artista tanto da assumerne le proporzioni, con una certa pittura è palese; con quella di Segantini, di Balla o di Dorazio per esempio, tanto che la loro superficie ci appare come un campo di forze che si aggregano e si respingono come le pennellate in una tela divisionista. Nel loro lento, analitico e sistematico prodursi, queste morbide trame sono distinte e disegnate da zone di respiro e da altre di massima saturazione che suggeriscono la possibilità di spazi altri interni all’opera, anfratti inesplorabili in cui l’unica presenza ipotizzabile e palpabile è quella della luce. Una luce che nutre il corpo dell’opera e che lo rende vivo, vestendolo di una apparente fragilità e di discreto clamore. Una luce che esalta e rileva linee di forza, tesse forme e plasma strutture cangianti, mutevoli e infuocate. Una luce che il filo di rame assorbe, trattiene e sprigiona generando ritmiche cromatiche, interferenze e vibrazioni che minano l’apparente quiete che domina le superfici degli “Armonici”.
Curatore Bruno Grossetti
Testo a cura di Federico Sardella
Con il sostegno di Grossetti Arte Contemporanea, Milano
Cina
Hu Xiangcheng
Fuori dall'Africa
Le esistenze visuali e oggettive sono spesso discordanti, divise tra l’evidente e il nascosto. Queste discrepanze sono particolarmente marcate in un artista come Hu Xiangcheng che ha vissuto in Africa e in Tibet, proprio come le sensazioni di certi momenti sembrano sempre esistere come se fossero in mezzo a delle rovine. Da una prospettiva materiale spesso si rileva che la materia cambia stato passando dal liquido al solido fino al gassoso. Le cose che hanno una forma sono solidi. Allo stesso modo i mondi organici e inorganici intersecano i propri cicli in continuazione. Hu Xiangcheng ama seguire i sogni, ed esistere in uno stato sognante. Gli piace anche sollevare dubbi sui rapporti tra cielo, terra ed esseri umani e non ama rispondere alle domande. E’ spesso curioso: quali sono in realtà i poteri tangibili e non tangibili che si celano dietro l’immagine? Che tipo di materiale soggiace al cambiamento nella materia? Questo genere di sensazione viene in maniera assai netta in Africa, e Hu Xiangcheng è ansioso di trovare una risposta. In Africa ha scoperto lo stato primitivo della vita tra la gente locale. Ha osservato molte realtà di superficie, ma anelava a trascendere il confine tra la società primitiva e la propria società moderna. Voleva rispondere alle domande. Hu Xiangcheng ha insistito a creare una sorta di potenziale per trascendere il tempo e lo spazio per pensare a questa domanda. Hu Xiangcheng ha visto l’aspetto innocente, vero e onesto degli africani. In un piccolo villaggio dell’Africa si è completamente staccato dal tipo di ambiente di vita delle relazioni economiche e culturali della Cina contemporanea, accumulando un tipo di potere a noi sconosciuto. Sappiamo che i nostri avi di 2000 generazioni fa provenivano tutti dall’Africa, che tutti hanno lo stesso gene M168 eppure i geni culturali sono diversi nelle varie parti del mondo. Guardandoli nei loro occhi scuri vediamo noi stessi al nostro stato più primitivo. Le sculture sono formate da modelli danzanti e spazi vuoti ripetuti, come le componenti di una macchina, o i resti di qualche animale. La scultura “Stranger” si riferisce al modo in cui la vita ha inizio in un mondo inorganico e si sviluppa fino al punto in cui raggiunge l’intelligenza superiore, muovendosi alla fine verso l’estinzione. Questo tipo di straniero, attraversando l’universo, forse è alla ricerca di un tipo di esistenza eterna, ciclica. “Arrow” verte sui processi mediante i quali si è sviluppato l’uomo dalla vita primitiva fino al suo status attuale, sui suoi stati e sulle tendenze necessarie che contrastano con la natura.
Nel complesso Hu Xiangcheng vuole dirci che la freccia compie un giro continuo intorno al mondo, riveste molti significati: in primis la simmetria perfetta. La freccia è solamente un emblema, un centro. Una rotazione di 360 gradi, a prescindere dalla prospettiva, è una simmetria perfetta. In secondo luogo per noi esseri umani la freccia può essere vista come una sorta di domanda, lo spirito di avventura, una sorta di fervore. Questa freccia rappresenta ogni possibile disposizione dell’umanità. In terzo luogo Hu Xiangcheng vuole anche spiegare le tematiche dell’uomo e dell’ambiente, compresi i desideri territoriali che vengono con l’arte. Se si usasse un’immagine per simbolizzare l’intera attività umana sul pianeta Terra, Hu Xiangcheng sceglie certamente la freccia. Dalle frecce usate per creare il fuoco mediante frizione, fino ai lunghi archi di Genghis Khan, arrivando ai pozzi di petrolio e al potere distruttivo dei missili (in cinese “frecce di fuoco”)… dalle lotte tra essere umani fino alla lotta dell’uomo per conquistare la natura, la forma della freccia ci fa pensare a molti altri mondi, come.. occupare, luogo sacro, centro, assoluto, direzione, ideale, bersaglio, avanzamento, velocità, direzione, dentro e fuori, debolezza, richiesta e speranza… Hu Xiangcheng si propone di realizzare un progetto della freccia sulla Terra, in quanto la freccia compare sempre negli ambienti speciali e in altre importanti opere d’arte. In genere la gente spesso pensa a torto che le opere in cui vengono raffigurate impressioni dell’Africa siano tutte astratte. Per Hu Xiangcheng queste opere non lo sono del tutto, alcune sono concrete, ma le cose concrete sono state nascoste da una sorta di potere. Sia che si tratti di stranieri o di frecce, sono tutti microcosmi dell’Africa nel cuore di Hu Xiangcheng. In questo momento il cuore di Hu Xiangcheng ha già lasciato questo continente.
Curatore Zhang Qing
Presentato da Visual Culture Research Center, China Art Academy