Italia
Riccardo Cordero
Negli anni scorsi hai usato principalmente due elementi nelle tue sculture: il gesso e la forma di un cerchio. Hai anche introdotto recentemente il concetto di spazio, inserendovi le tue sculture?
Secondo me ci sono tre concetti differenti che comunque hanno una connessione tra loro.
Il primo elemento è il ferro. Ho iniziato ad usare il ferro perché appare più duro del bronzo, ricorda di più la pittura, molto più ruvido e anche, diciamo, più freddo. C'è una certa tensione in esso. Il cerchio è una figura geometrica che mi permette, spezzandolo e ricostruendolo, di aumentare alcune delle tensioni interne alla scultura stessa. Poi sistemo le parti spezzate così da metterle in contrasto. Poi le unisco con elementi rigidi. Lo facevo alcuni anni fa: combinare una forma geometrica con una che abbia più materia. Ciò che penso oggi è più grafico, è più definito nello spazio. Uno spazio che potrebbe essere uno spazio urbano o un qualunque spazio aperto come qui, per esempio. E' vero che la scultura che vedi qui potrebbe essere più grande, perché la mia idea è creare una scultura in cui ci si possa entrare. Hai visto "Chakra", non è vero? E' stata la prima scultura che ho fatto che illustra questa idea. Credo che vi sia un dialogo tra i contrasti che entrano in simbiosi. Mi riferisco alla scultura in ferro, naturalmente. Forse lo si deve al materiale stesso, o al colore, comunque sono in perfetta armonia con la natura.
Che mi dici dell'uso di elementi di plastica, e del cerchio nelle tue sculture?
Come ti ho già detto, di solito inizio le sculture creando un cerchio. Ovviamente non c'è nulla di nuovo in ciò che dico, ma con il cerchio posso creare più articolazioni che con qualunque altro elemento perché mi permette di creare archi, archi in tensione. E' la tensione dentro la scultura che mi interessa veramente, e penso che con il cerchio si raggiunga la massima tensione. Vedi questa linea per esempio? In questo caso la scultura crea proprio un'unica linea.
Intervista di Victor De Circasia a Riccardo Cordero dal catalogo della mostra Scultura Internazionale, la Mandria 2002
PREMIO OPENARTE
1a Edizione
PREMIO OPENARTE
Paolo De Grandis, Presidente di Arte Communications conferisce il PREMIO OPENARTE all'artista B.Zarro per l'opera "Cavallo di Troia"
Arte Communications istituisce la 1a Edizione del Premio OPENARTE in occasione di OPEN2OO5 8.Esposizione Internazionale di Sculture ed Installazioni.
L'evento prevede la premiazione di un artista partecipante ad OPEN che con la sua opera si sia distinto per originalità espressiva e tematica.
Il premio darà la possibilità all'artista vincitore di partecipare ad un'altra edizione di OPEN.
L'istituzione del Premio OPENARTE riflette il respiro internazionale della mostra OPEN e la sua prevalente attitudine sperimentale nel proporre il legame tra scultura ed installazione, senza alcuna preclusione di orientamento linguistico e di ricerca lasciando così una testimonianza della nostra contemporaneità.
La giuria, composta dal Presidente Paolo De Grandis e dai curatori Vincenzo Sanfo, Chang Tsong-zung e Marisa Vescovo, ha selezionato l'artista B.Zarro con l'opera Cavallo di Troia.
Il Presidente della giuria, Paolo De Grandis, ha così motivato la scelta:
B.Zarro, di origini romane, è un'artista della frontiera i suoi interventi artistici, sono il prodotto della sua personalissima visione del mondo. Con l'opera Cavallo di Troia, un vero aereo F104, reduce dalla guerra nei Balcani, ha attirato masse di visitatori per comunicare il suo messaggio di pace. In un presente al centro di tensioni politiche in grado di monopolizzare anche la sfera culturale, l'opera Cavallo di Troia, di rara efficacia espressiva, rilancia il monito: non basta avere delle ali per essere degli angeli!
PREMIO OPEN2005
5aEdizione
PREMIO OPEN2OO5
Fondazione Sebastián
Premio Speciale Collaterale
alla 62. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica
Paolo De Grandis, Presidente di Arte Communications
consegna il PREMIO OPEN2OO5
al regista Stanley Kwan per il Film Changhen ge (Everlasting regret)
in concorso alla 62. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica
Madrina del Premio Isabella Orsini
Arte Communications in collaborazione con la Fondazione Sebastián ed il Centro Italiano per le Arti e la Cultura istituisce la 5a Edizione del Premio OPEN, in occasione di OPEN2OO5 8. Esposizione Internazionale di Sculture ed Installazioni, alla 62. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il regista vincitore del Premio è stato selezionato dalla giuria, composta dal Presidente della giuria Paolo De Grandis e dai giurati: Pascal Vicedomini, Vincenzo Sanfo, Sebastián (Enrique Carbajal), Chang Tsong-zung e Tsuchida Yasuhiko. L'evento prevede la premiazione di un regista in concorso alla 62.Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia che con la sua opera riveli, in maniera inedita, un fertile interesse verso la seducente tematica della mutua interazione tra arte e cinema, due forme artistiche che vivono d’immagine e si nutrono del desiderio di tradurre emozioni. Il premio OPEN2OO5 consiste in un'opera ideata e realizzata dall’artista Sebastián (Enrique Carbajal) che presenta ad OPEN2OO5 dieci sculture. Nelle edizioni passate il premio è stato conferito a registi quali Joao Botelho con il film Quem es tu?, Julie Taymor con Frida, Takeshi Kitano con Zatoichi e, nell'edizione 2004, a Marziyeh Meshkini con il film Sag - haye velgard.
Il Presidente della giuria, Paolo De Grandis, ha così interpretato l'opera: "Changhen ge, tratto dal celebre romanzo di Wang Anyi nel ripercorrere l'ascesa ed il lento declino della protagonista, narra quaranta anni di storia della Cina. La donna appare come impersonificazione e infine manifesto programmatico di Shangai, città che non muore mai, in un confronto tra il prima e il dopo che diventa riflessione umana, storica e sociale insieme, così come il recupero del mito di eros e thanathos intima essenza e retaggio culturale di tutta la storia dell'arte. Il fascino della purezza che scaturisce dalla fotografia, stilisticamente perfetta, si unisce alle atmosfere precise e levigate che evocano le tendenze espressive degli artistici cinesi che sempre più in questi anni si stanno imponendo sul panorama artistico internazionale".
OPEN Esposizione Internazionale di Sculture ed Installazioni è realizzata da otto anni in concomitanza con la Mostra del Cinema di Venezia a conferma del preciso intento di rafforzare il legame esistente tra arte e cinema. L’istituzione di questo riconoscimento testimonia questo fecondo e stretto rapporto.
Cina
Yue Minjun
Yue Minjun figura tra gli artisti di una generazione che ha trovato la propria espressione individuale negli anni '90 con l'apertura della Cina all'economia di mercato. E' colorato, sfacciato, imperturbabilmente allegro, senza legami né con l'establishment e nemmeno con la stessa storia. Sebbene la scultura non sia il mezzo primario di Yue Minjun, l'artista può essere verosimilmente descritto come una "faccia nota". Il suo viso rappresenta l'interezza della sua arte sia nei dipinti che nella scultura. Ripetendo la formula della sciocca faccia sorridente in tutti i tipi di scenari fumettistici ipotizzati, Yue Minjun ha trasformato se stesso in un'icona. Ha trasformato la sua filosofia in un successo e forse la portata di questo successo è il motivo stesso dell'espressione sorridente.
Testo a cura di Chang Tsong-zung
Incontriamo un altro fenomeno di ornamento di massa nelle 25 facce sorridenti delle sculture a grandezza naturale, erette, con le braccia sovrapposte, in jeans e t-shirt in stile americano. E' questa la modalità in cui l'artista cinese Yue Minjun rappresenta se stesso e il suo lavoro. Le sue figure sono disposte con ordine rigoroso, ma hanno un tocco di individualità che si ritrova nella strana espressione facciale e nella risata penetrante e quasi strana. La risata aliena e spaventa. A livello immediato è gelata nel materiale, poliestere; i capelli corvini sono pettinati sobriamente, artificiali, e tutte le figure hanno una grande bocca che mostra tutti i 32 denti in maniera provocatoria. L'artista sta forse evocando il diverso significato della risata nel discorso interculturale?
Il segreto potrebbe essere ricondotto al fatto che si tratta della faccia dello stesso artista, in quanto è una serie di autoritratti, clonata più e più volte nella terza dimensione. L'opera evoca associazioni dell'esercito di terracotta dell'imperatore cinese Qin Shi Huangdi (210 a.c.), le parate di massa di piazza Tienanmen e, nella tradizione europea, forse le sculture dell'artista barocco Franz Xaver Messerschmidt. Anche nelle sue facce sorridenti, il significato della risata nella cultura europea non è semplice da decifrare. E' difficile ravvedere un elemento liberatorio in questa risata che è troppo vicina al grido o è più un ghigno segreto. Roland Barthes definì enigmatico il noto sorriso asiatico nell'Impero dei segni. E' sempre impresso nel viso dell'osservatore tanto da rimanere segreto a noi?
Tuttavia ci si potrebbe trovare di fronte ad un esercito di conformisti in cerca di svago, come ce ne sono in ogni paese e in ogni cultura. Ora sono dinanzi a noi, con un ghigno malevolo, contorcendo il corpo in modo strano. Sono certamente molto distanti dal luogo d'origine delle parate di passa di un tempo dei nazionalsocialisti, ma di certo si intravede l'Ornamento di massa di Kracauer. Lo sguardo soggettivo dell'artista riapre quindi l'esperienza dell'individualità.
Il brano è stato estratto dall'introduzione di Verena Formanek (assistente ricercatrice & direzione generale ) al catalogo della mostra "Ornament and Abstraction", Fondazione Beyeler, Svizzera, 2001
Argentina
Nicolas Leiva
Nicolas Leiva nella sua complessa produzione ceramica mette in evidenza una forte pulsione verso il trascendimento della nozione di "forma", così come la troviamo negli scritti dello storico austriaco Alois Riegl. L'artista sceglie le sue immagini in un universo di "figure" e di "similitudini" aperto sulle spaccature del pensiero, ibridando poi il"barocco" con una punta di "surrealismo", e con un pensiero organico e inorganico allo stesso tempo. Un altro aspetto di questi lavori è da cercare nel colore, sempre acceso, caldo, ricco di luci mobili, che rivela la forma delle cose con un accento di stuporosa sorpresa, donando inoltre a tutto una leggerezza tonale che ci fa ricordare l'Oriente mescolato insieme ai simboli culturali del natio Sud America. Nelle opere che fanno riferimento al presente, come le "tavole da surf" con una forma ogivale, troviamo che Leiva, senza abbandonare il terreno dell'estetica, si avvicina alle esperienze della vita introducendo nei sui oggetti un'astrazione e uno stile che fanno riferimento alla necessità espressiva delle cose, sottolineando con forza l'opposizione tra ornamento e imitazione.
Testo a cura di Marisa Vescovo