San Marino
Leonardo Blanco

Dei pali d’acciaio a breve distanza uno dall’altro. Si direbbe la stilizzazione di un bosco – della natura. Una sagoma di essere vivente – di un cane. Sono questi gli elementi apparentemente chiamati in causa dalla messa in opera di Leonardo Blanco. Una sagoma orizzontale che, attraverso un intreccio di altre sagome verticali, si lascia intravedere dall’uomo – artista – che l’ha concepita e realizzata e dagli uomini – il pubblico – che hanno la possibilità di mirarla. Ma si tratta di una sagoma, quella del cane, che non è sempre visibile – non lo è da tutti i punti di vista – quindi, a volte c’è e a volte non c’è. Ecco che appare il vero punto d’attenzione posto dall’artista. La percezione e la forma di una visione della realtà sono infatti – sempre – condizione di un punto di vista – l’osservazione – tanto è che il cane c’è – esiste, ha forma di realtà –, quando e perché si vede, e non c’è – non esiste, non ha forma di realtà –, quando e perché non si vede. L’opera di Blanco affronta quindi il tema della Nature, ma non della Natura tout court bensì della possibilità che questa ha di essere per l’uomo; l’essere un’idea in forma. Non si tratta tanto del fatto che essa rappresenta una scena del naturale, artificialmente stilizzata e genericamente simbolizzata, quanto del fatto – originale – che in essa c’è l’idea del guardare – dello sguardo – e di cosa questo significa per la condizione umana: l’esistenza o la non esistenza di una specifica realtà. Ciò che l’artista attraverso l’opera fissa in una forma è la condizione stessa dell’essere umano; il suo essere fenomeno culturale. Una condizione fondamentale che permette alla realtà – in sé non conoscibile – di assumere una connotazione specifica di fronte allo sguardo dell’uomo. I pali d’acciaio e il cane rappresentano quindi un’idea della nostra realtà, nella sua dimensione visibile. E questo ci porta a riflettere sulla condizione umana da cui prende origine; la possibilità che l’uomo ha da dare una forma alla realtà attraverso la vista, cioè la visione di ciò che lo sguardo traduce culturalmente in significato: il tangibile della nostra mente. Una possibilità che si concretizza in una forma – contingente – a partire dal punto di vista che cambia; la posizione, fisica e concettuale, dello sguardo. Da qui la possibilità di riflettere anche sul rapporto che si instaura tra colui che guarda – che porta lo sguardo, attraverso un’idea, sulla realtà – e colui che viene guardato, ma che non sa come viene osservato e visto, nonostante possa avere piena coscienza di sé. Ciò che orienta questa azione e connota l’opera è quindi il concetto di astrazione che si appoggia a quello di semantica: un processo che per l’uomo è mentale cioè culturale e al tempo stesso naturale; un processo su cui si è caratterizzato il secolo appena trascorso in tutte le sue manifestazioni, dall'arte e dalla filosofia alle scienze, e che incarna questa possibilità di ricondurre il reale a una visione sintetica e globale, a una struttura combinatoria di elementi costanti che danno luogo a un modello che rappresenta, ma che al tempo stesso è condizionato dalla contingenza del punto di vista, dallo sguardo che gli attribuisce un senso.

Curatore Vincenzo Sanfo

Testo a cura di Marco Vincenzi

Con il sostegno di Pier Giorgio Pazzini Editore Stampatore

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