ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BOLOGNA – FABIO ROMANO

1) Di una veduta che diventa visione. O viceversa. E di un oggetto organico che diviene reperto.
2) Se trattasi di paesaggi lo decide chi osserva, se trattasi di archeologie, chi lo sente.
... sta il fatto che l'ambivalenza nei lavori di Fabio Romano e l'uso indifferenziato dei media che utilizza, genera una serie di possibili sguardi dell'occhio e della mente, aventi lo stesso soggetto, come in un gioco orientale.
3) Alzate. E piante planimetriche. Piani orizzontali e piani verticali. Immagini statiche, immagini in movimento.
4) Inizialmente alcune sue note plastiche, frammenti, sembrano cercare un possibile rapporto con la scultura classica, certamente di veduta, verticale ed eretta, quella alla quale bisogna girare intorno, come insisteva sui manuali Giulio Carlo, ma è solo illusione, perché non possiedono quella gravità necessaria (visto i materiali d'uso, le schiume poliuretaniche) che ti costringe a compiere il rito arganiano.
5) I plastici, invece, che ancora non hanno assegnata una precisa modalità di visione e paiono più oggetti osservanti che da osservare, silenti conducono lo sguardo ad archeologie industriali e inducono, attraverso le cromie e i depositi sedimentati – polveri e pigmenti - a ritrovamenti dove si percepisce la catastrofe dovuta alla natura o, in eguale maniera e misura, alla mano dell'uomo.
6) Con intenti successivi e indipendenti alla loro costruzione, che forse hanno origine ludica e considerando i plastici come veri e propri teatri di scena, Romano agisce poi di sovente simulando eventi atmosferici e geologici, per scala incerta e mai definita, filmando l'evento con microcamere digitali e producendo short video...
...oppure con dinamiche più contemplative e riflessive, riformatta l'intera ricerca all'idea del paesaggio, cercando la possibilità di tradurre in immagine vedutistica, quasi da panorama, le infinite possibilità all'interno di queste grandi maquettes che furono sculture per intenzione e genesi, lasciando che l'occhio proceda e scansioni lentamente mediante l'obiettivo macro, restituendo nuove vedute o visioni di una fissità quasi sconcertante. 
 

Testo a cura di Luca Caccioni