ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BOLOGNA – GIACOMO LION

Premesso che la parola Plancton significa vagante, l'installazione di Giacomo Lion sembra riprendere l'effetto di fluttuazione degli organismi che vivono nel ventre del mare, eccetto che per un'inversione di ruoli e di contesti.
Lo spostamento lieve, lento, costante prodotto dalle onde e dal vento fa vibrare delle assi in ferro alle cui estremità sono fissate delle sacche piene d'acqua. Le assi, che possiedono una capacità natante, aggettano dalla laguna direttamente sul litorale dell'isola, come a voler traslare l'elemento liquido (qui trasfuso dalla laguna all'interno delle sacche) affinché possa volteggiare in caduta libera o proiettarsi verso l'alto, dando così origine a un moto perpetuo che è anche uno stillicidio senza fine.
Gli equilibri dell'opera – in continuo, tenace mutamento – assecondano gli umori e l'aspetto di un organismo vivente: il mare, che si muove, freme, si solleva e si abbassa. L'informazione/ suggestione di questo movimento fluido e armonico viene sublimata dall'artista, il quale invita lo spettatore a seguire il dondolio ipnotico delle sacche per farsi dolcemente cullare dalle leggi del moto, e lasciando altresì che i principi gravitazionali concilino in chi guarda un senso di leggerezza, ossia di una serena distensione mentale.
Anziché imporre la propria forza creativa (di controllo, di dominio) sulla natura, Lion ne asseconda la vitalità; tacita collaborazione da cui prende forma un'immagine alla deriva… vagante sul pelo dell'acqua, e sospesa sulla terraferma. 

Testo a cura di Alberto Zanchetta