: Cina
Xiao Ge

La ricerca di Xiao Ge, passata attraverso un lungo percorso di studio tra disegno e pittura è oggi approdata ad una formulazione di concetti in bilico tra racconto e memoria. Memoria di luoghi, vicende, incontri, che ne hanno via via formato il carattere, gli interessi, le passioni e proprio per ciò divenute parte integrante del suo lavoro. Attraverso l'uso del suo corpo o di quello di persone da lei selezionate, ella interagisce con la sua memoria e la sua storia, in particolare nella performance "Passage", realizzata per OPEN, il corpo diventa il mezzo per esaltare o cancellare i ricordi della sua vita in una sorta di riattraversamento autobiografico di emozioni, dolori o semplici accadimenti della sua ancor giovane vita. Il colore, steso con il corpo in una sorta di danza, dalla formulazione eroticamente esorcizzante, diventa cancellazione mnemonica di un vissuto. Nella sua performance Xiao Ge mette in scena la propria fragilità, e nello stesso tempo, la propria tenacia, nella stentatezza di un gesto senza controllo logico, quasi direi spudorato e da questo gesto, da questo suo "mettersi in scena" nasce quel suo linguaggio che diventa così arte. Figlia di quei movimenti artistici maturati ed esplosi in Cina a cavallo degli anni ottanta e novanta e in particolare derivati da quella mostra evento del 1989 "China-AvantGarde", che divenne una sorta di spartiacque tra arte ufficiale tradizionale e nuovi fermenti artistici, dalla quale nacque un nuovo modo di fare arte in Cina, Xiao Ge facendo proprio il messaggio di quell'evento e abbandonati gli strumenti tradizionali del fare arte si è tuffata in una ricerca di "riappropriazione critica, di rigenerazione, della sua esistenza come cinese e come artista". Indossato l'abito cinese "Qipao", ella entra in contatto con le immagini della sua storia che, cancella o esalta, con stesure di colore direttamente spalmate sulle immagini con il suo corpo che rivestito dalla e candida veste, sarà alla fine intrisa e lorda di materia colorata, rimanendone indelebilmente macchiata, come in una sorta di sudario sindonico attraverso cui "la cronaca del vissuto e la storia collettiva lasciano le loro impronte". Con l’uso sapiente dell’immagine fotografica, accompagnato dalla forza evocatrice della materia colorata, e ai gesti eroticamente tribali del suo corpo, esaltati dal candido "Qipao", ella ci trasporta in una sorta di incantesimo, in cui materia, colore, gesto e visione diventano un "metalinguaggio che unisce idealmente occidente e oriente sulla soglia di un nuovo codice poetico".

Curatore: Vincenzo Sanfo
Testo a cura di Vincenzo Sanfo