Italia
Mauro Benatti

Un inno ai volumi, un elogio delle forme in movimento del corpo femminile. Questo, prima di ogni altra cosa, sono le sculture di Mauro Benatti. Da sempre l’artista esplora la verità sovversiva e primordiale del corpo nudo, e lo fa attraverso il frammento, la forma che permette di esprimere un’emozione o un’idea anche derogando al naturalismo.

 Il suo universo è composto da figure di una bellezza antica, primitiva. I corpi sono sinuosi, eleganti, ma al tempo stesso solidi e pieni, bloccati in un’immobilità fremente d’energia. E l’alternarsi di superfici ora scabre, ora levigate, cattura lo sguardo e anticipa il gesto. Lo slancio. La ribellione. Il motivo iconografico dell’“Amazzone”, che ha grande fortuna nell’opera di Benatti, si configura come il punto culminante di una ricerca dell’essenza simbolica del movimento. Tra le storie della mitologia, l’artista sceglie quella di Pentesilea, figlia di Ares e regina delle donne guerriere, una figura dalle molte sfaccettature. Pronta a mostrare tutta la sua forza e tutta la sua dolcezza, la sua sensualità e la sua aggressività, sintesi perfetta di emozione e ragione, di natura e cultura. Qui l’artista la rappresenta durante lo scontro con Achille. L’eroina, ferita, con le ultime forze si mantiene in sella al cavallo impennato. Dal collo dell’animale e dal busto della donna partono linee divergenti e opposte che non hanno modo di disperdersi nella testa o nelle braccia, ma si raccolgono nel cuore della scultura, l’arco di ferro. Da questo centro si sprigiona l’energia che conferisce alle figure uno slancio estremo, preludio alla fulminea azione del salto che sta per compiersi. La scelta di un soggetto classico ben si sposa con l’amore di Benatti per l’antichità. Il passato è per lui un campionario di simboli e di riferimenti che s’intrecciano indissolubilmente l’uno nell’altro, che si fanno carne, sangue e materia senza alcuna illusione di apollinea perfezione. Il frammento, l’incompletezza è una caratteristica ricorrente nei reperti archeologici. Ma appartiene anche, in modo diverso, a tutta la cultura moderna e contemporanea. Da Brancusi a Rodin, a Giacometti. Allo stesso modo Benatti scava nell’antichità le forme del presente, contaminando materiali classici come la pietra, con quelli recuperati come lamiere o reti metalliche, riuscendo così a fondere due universi che di solito si vorrebbero inconciliabili e distinti: quello della natura più genuina e quello della civiltà più raffinata, quello dell’istinto e quello dell’intelletto.

Testo di Licia Spagnesi