Venezia Arte Contemporanea e Spazi Espositivi
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Belem, Lisbona 2013

“… e poi andremo lontano”

Fotografia analogica in bianco e nero

 

 

TraVellArT

A cura di Paolo De Grandis e Carlotta Scarpa

 

Miriam Nicastro

Alchimia

 

Inaugurazione: 30 agosto alle ore 18.30

Apertura al pubblico: 31 agosto – 30 settembre 2018

Hotel Savoia & Jolanda

Riva degli Schiavoni 4187, Venezia

 

COMUNICATO STAMPA

 

TraVellArT  è un progetto espositivo a lungo termine a cura di Paolo De Grandis e Carlotta Scarpa organizzato da PDG Arte Communications concepito per gli spazi dell’Hotel Savoia & Jolanda. Il progetto prevede un ciclo di mostre dedicate ad artisti internazionali operanti a Venezia e non solo che traggono ispirazione dal tema del viaggio come lo spazio espositivo suggerisce. L’Hotel Savoia & Jolanda è un albergo storico veneziano, uno spazio di accoglienza per i viaggiatori all’interno del quale i visitatori possono interagire con le opere di artisti che si misurano di volta in volta con un’architettura tipicamente connotata: Venezia con le sue forme e la sua storia avvolge e sfida le opere in viaggio.

TraVellArT giunge alla terza tappa con la mostra Alchimia dell’artista fotografa Miriam Nicastro che ha vinto il Premio PDG Arte Communications nell’ambito del Premio Arte Laguna. Quello di Miriam Nicastro è un viaggio attraverso le città a lei care, una narrazione che non subisce manipolazioni stilistiche ma si nutre del bianco e del nero e di una prospettiva che non altera la riconoscibilità degli scorci catturati resi espliciti per contrasto da una vertiginosa profondità fino a dei tagli abissanti che si trasformano in caleidoscopiche pavimentazioni che fendono la veduta e separano uomini e cose, eco di una visione di cui l’artista replica la percezione sensoriale netta e coinvolgente.

 

Palazzo Carlo V (Alhambra), Granada 2015

Passo dopo passo

Fotografia analogica in bianco e nero

 

“Il modo migliore per cercare di capire il mondo è vederlo dal maggior numero di angolazioni possibili" (Ari Kiev) .

Ed uno dei modi migliori di vederlo, per l’artista, è attraverso una Reflex.

Le opere selezionate sono foto di viaggio, scatti istantanei o attesi “con la pazienza di un ragno”, rigorosamente in bianco e nero, una scelta stilistica che le permette di tradurre in immagini le sue intenzioni espressive.  

Architetture, geometrie complesse, spazi vuoti o abitati, in cui la prospettiva e il gioco di luci e ombre restituiscono una rappresentazione, a volte astratta, a volte intensamente vissuta, dello spazio urbano, in cui l’uomo, allo stesso tempo parte e artefice, si inserisce nel paesaggio come elemento strutturale dell’immagine.

Corte di marmo, Reggia di Versailles, 2014

Très Magnifique

Fotografia analogica in bianco e nero

 

E’ un tempo quieto quello di queste fotografie, sintesi equilibrata di tecnica e creatività, foto semplici che vogliono suscitare risposte emotive.  

Un perfetto connubio di istinto e razionalità, un’Alchimia che si sviluppa e nasce nel momento esatto dello scatto.

Quel che accade si svela casualmente e noi dobbiamo saper coglierlo e semplicemente esserci quando si palesa.

La fotografia di Miriam Nicastro autolegittima così l’inscindibile ricerca di uno spazio reale fisicamente aderente all’esperienza: non vi è più un semplice racconto-viaggio ma una comunicazione che tende, nel suo articolarsi a diventare assoluta, in una tensione in continuo divenire, nella ricerca di una spazialità concreta che è sempre un dialogo-confronto con l’esistenza e l’essere ed anelito verso la verità e l’autonomia della fotografia.

Piazza San Marco, Venezia 2018

“El Paron de casa”

Fotografia analogica in bianco e nero

 

Nota biografica

Miriam Nicastro, nata nel 1966, siciliana.

Laureata in Scienze della Formazione, Indirizzo filosofico, all’Università di Catania.

Durante gli anni universitari frequenta un primo corso per Operatore Fotografico bianco/nero, sviluppo e stampa, scoprendo la Reflex e la magia della camera oscura.

Completato il corso di laurea, dopo un’esperienza lavorativa a Torino, decide di dedicarsi a tempo pieno al suo interesse per l’arte, che si traduce nella passione per la fotografia.

Si trasferisce a Milano, dove frequenta il Master Globale di Fotografia Professionale presso l’Accademia Internazionale John Kaverdash School, completando così la sua formazione nei diversi generi fotografici.

Legata alla scuola dei Grandi Maestri del Novecento, sceglie comunque di rimanere fedele al rigore espressivo del linguaggio analogico, all’utilizzo delle fotocamere meccaniche e della pellicola.

Continua a prediligere la fotografia in bianco e nero, come forma “pura” dell’immagine, priva di distrazioni cromatiche, e per questo espressione più autentica della realtà. 

Vive e lavora tra Mantova e Catania, viaggiando continuamente alla ricerca di immagini.

 

 In collaborazione con:

        

 

 

Informazioni per la stampa:                                                                         

PDG Arte Communications

+39 0415264546

pressoffice@artecommunications.com

 

 

 

 

 

Amin Gulgee “7.7”

A cura di Paolo De Grandis e Claudio Crescentini

Co-curata da Carlotta Scarpa

 

Anteprima per la stampa: Mercoledì 25 luglio alle ore 12.00

Inaugurazione con performance: Mercoledì 25 luglio alle ore 18.30

 

Mattatoio – La Pelanda

Piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma

26 luglio – 26 agosto 2018

 

 

COMUNICATO STAMPA

L’artista pachistano di fama internazionale Amin Gulgee presenta al Mattatoio la mostra “7.7” curata da Paolo De Grandis e Claudio Crescentini e co-curata da Carlotta Scarpa con l'assistenza curatoriale di Adam Fahy-Majeed.

Promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita Culturale e Azienda Speciale Palaexpo, l’esposizione è organizzata in collaborazione con PDG Arte Communications e l’Ambasciata della Repubblica del Pakistan in Italia.

Amin Gulgee è un innovatore della tradizione, il suo medium è il metallo e trae ispirazione dalla ricca e variegata storia artistica e spirituale del suo paese nativo, il Pakistan.

Il suo percorso espressivo, legato alla mitologia indù, alle figure di pensiero buddiste e alla calligrafia islamica, si è sviluppato negli anni attraverso la scultura e le installazioni. Il rame, quale materia eletta, si offre all’artista come mezzo di espressione volto alla sintesi calligrafica e a nuovi esprimenti segnici come in occasione di “7.7” dove gli spazi de La Pelanda ospitano due grandi installazioni che si sviluppano per contrasto attraverso il pieno ed il vuoto, la luce e l’ombra fino alla sintesi di una video installazione. Il rame, il carbone e la proiezione di un algoritmo diventano così la testimonianza di un percorso simbolico di cambiamento, riflessione personale e universale insieme, un cammino scandito nel recupero della tradizione verso il futuro.

Il versetto del Corano in cui apprendiamo che Dio “ha insegnato all’uomo quello che non sapeva” (Corano, 96: 5) è il leit motiv della ricerca espressiva di Amin Gulgee; ricorre da principio leggibile e poi progressivamente destrutturato ed infine frammentato e frazionato.

Questo testo calligrafico appare e ritorna ormai da tempo come preoccupazione persistente, quasi ossessiva, nelle opere dell’artista, manifestandosi in varie composizioni scultoree talvolta sotto forma di costruzioni geometriche, segni che si nutrono idealmente della geometria dei frattali. Il frammento è immagine del tutto. Con la sua intuizione artistica Amin Gulgee dimostra quale profondo legame esista tra matematica, arte, spirito e natura ed il filo conduttore, ancora una volta, è la bellezza.

In bilico tra bellezza “apollinea” e “dionisiaca”, le lettere decomposte e rese libere dalla semantica assumono un’accezione simbolica che in quanto tale ha da un lato carattere d'immediatezza estetico-sensibile e dall’altro si muove verso un rapporto con l’altro che rifiuta il dominio e il possesso, offrendo così la possibilità di instaurare un concreto dialogo spirituale con il mondo. Alla recherche del significato più intimo, il visitatore potrà quindi dipanare il filo del gomitolo in questo labirintico percorso.

In definitiva tutta l’opera di Amin Gulgee è sempre e comunque ritmica. I segni in continuo divenire e le lettere estroflesse sono vera musica visibile e l'architettura d’insieme trova così una forma nuova. Forma in perpetuo divenire, segno da decodificare in una sorta di atemporalità a cui fa da contrappunto lo spazio che sollecita alla riflessione e diventa esso stesso strumento cognitivo, tavolo dove misurare passato e presente.

Nel corso dell’inaugurazione sarà presentata Love Letters una performance interattiva ed un atto performativo personale con la partecipazione di Ana Rusiniuc.

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NOTA BIOGRAFICA

Amin Gulgee, artista e performer di fama internazionale, è nato nel 1969 in Pakistan ed è figlio del famosissimo artista pakistano Ismail Gulgee. Laureato in “Storia dell’Arte ed Economia” presso la Yale University (U.S.A.), inizia la sua carriera artistica realizzando ed esponendo le sue opere, oltre che in Pakistan, negli Stati Uniti, in Europa e nel Medio Oriente. Per quanto riguarda l’Italia non ha mai esposto a Roma, ha partecipato, nel 1998 e nel 2017, a “OPEN – 20. Esposizione Internazionale di Sculture e Installazioni”, collegato alla “Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia” e rappresenterà il Pakistan alla prossima “Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia”. Leggendarie le sue performances, un campo artistico emergente in Pakistan, realizzate anche in molti musei europei e del nord-America (Karachi, Lahore, Dubai, Nagoya, New York, Philadelphia, Dresda, ecc.), di cui l’ultima presso la Royal Albert Hall di Londra (2017). In queste performance, basate principalmente sulla parola, il segno e la fonetica, vengono spesso coinvolti altri artisti oltre che oltre il pubblico, in un contrasto artistico e creativo, fra Oriente e Occidente. Del resto Amin Gulgee è un innovatore della tradizione. Il suo medium principale è il metallo e trae ispirazione dalla ricca e variegata storia laica e spirituale del suo paese nativo, il Pakistan, con temi desunti, in particolare, dalla mitologia indù, dalle civiltà buddiste e dalla calligrafia islamica. Diverse componenti che nel suo lavoro s’influenzano e si alimentano a vicenda perché tutti cercano di rappresentare la spiritualità dell'uomo. Il principale critico d'arte del Washington Times, Joanna Shaw-Eagle ha scritto nella sua recensione della sua mostra personale al FMI nel 1999: "Amin Gulgee è un artista da guardare sia per l'originalità delle sue idee sia per la qualità sensuale e affascinante del suo lavoro." Nel 1987 Amin Gulgee ha vinto il “Conger B. Goodyear Fine Arts Award” con la sua tesi-opera sui giardini Moghul. Nel 2005 ha ricevuto il prestigioso “President’s Pride of Performance”, che viene conferito solo ad esponenti che hanno raggiunto una statura iconica nel loro campo di eccellenza, dal Presidente del Pakistan. È stato incaricato dal governo pakistano di creare numerose sculture pubbliche, tra cui: Messaggio, per la Presidenza di Islamabad; Minar per l'aeroporto internazionale Quaid-e-Azam di Karachi; Forgotten Text, di 40 mt di altezza, per una rotonda importante a Karachi. Ha partecipato a numerose collettive internazionali, fra le quali: “Pakistan: Another Vision,” Brunei Gallery, Londra, UK (2000); Beijing Biennial (2003); “Beyond Borders,” National Gallery of Modern Art, Mumbai, India (2005); “Paradise Lost,” WAH Center, Brooklyn, NY, USA (2008); “Rites of Passage,” Ostrale, Dresden, Germany (2010) e “New Pathways: Contemporary Art from Pakistan,” UN Headquarters, New York, NY, USA (2016). Ha inoltre realizzato oltre trenta mostre personali in Pakistan, Malesia, Singapore, UAE, India, UK, Portogallo e US, fra le quali si ricordano le recentissime: “Walking on the Moon”, Wei-Ling Contemporary, Kuala Lumpur, Malesya (2015); “Washed Upon the Shore”, Canvas Gallery, Karachi, Pakistan (2015). Nel 2017, sulla scia dei grandi artisti/curatori internazionali ha ideato, progettato e curato la “I Biennale Karachi 17”.

UFFICIO STAMPA

Piergiorgio Paris

p.paris@palaexpo.it

 

PDG Arte Communications

pressoffice@artecommunications.com

 

INFORMAZIONI

Apertura al pubblico: 26 luglio – 26 agosto 2018 

Ingresso libero.

Orari di apertura: dal martedì alla domenica | dalle 14.00 alle 20.00.

L'ingresso è consentito fino a 30 minuti prima della chiusura.
Chiuso il Lunedì.

 

Si ringrazia:

      

 

 

 

Stills of Peace and Everyday Life

V EDIZIONE

ITALIA MAROCCO

Stills of Peace and Everyday Life, giunto nel 2018 alla sua quinta edizione, è un progetto culturale di carattere internazionale promosso dalla Fondazione Aria che pone l’Abruzzo al centro di riflessioni sull’arte contemporanea. Dopo aver approfondito, nelle quattro edizioni precedenti, la cultura pakistana, spagnola, francese e cinese, quest’anno si concentra sull’interculturalità Italia / Marocco come proposto dal curatore Paolo De Grandis che nel 2005 ha presentato la prima partecipazione del Marocco alla Biennale di Venezia ed in seguito è stato nominato curatore internazionale del Musée Hassan a Rabat.

 

 

Fathiya Tahiri

Depth of the sea 

Museo Barbella – Chieti

8 Luglio – 2 settembre, 2018

A cura di Paolo De Grandis
Coordinatore: Carlotta Scarpa, PDG Arte Communications

Orari: mostra aperta tutti i giorni 10:00 - 12:30
Mostre aperte martedì e giovedì 8:30 – 14:00 / 15:00 – 18:30 / 21:00 – 23:00,
mer/ven/sab 8:30 – 14:00 / prima domenica del mese 8:30 – 14:00

INGRESSO GRATUITO


L’arte di Fathiya Tahiri si sviluppa come una sorta di ‘affresco epico’ che trasmette tutta la tragicità del vivere insita nell’animo umano. I suoi dipinti sono animati da un’energia che nasce da dentro e si trasforma sulla tela attraverso il colore e la materia pittorica. La sua arte è l’incontro di sensazioni con la realtà attuale che reagisce ai movimenti dell’anima con il potere delle sensazioni visive. La ricerca espressiva di Fathiya Tahiri si è sviluppata negli anni con rara coerenza. Insiste sui suoi temi, le sue emozioni, le sue ossessioni per misurarsi con il mondo. Potrebbero apparire evidenti le sue influenze, la tradizione coloristica marocchina o le campiture surrealiste, ma in realtà le combinazioni ed i personaggi che animano i suoi quadri o le sue sculture antropomorfe assumono una espressione “patetica” in continua rinascita, si traducono in itinerari dell’anima che si sono dovuti così esprimere. Fathiya Tahiri ha rappresentato il Marocco alla Biennale di Venezia nel 2005 e nel 2009 e una sua mostra antologica si è tenuta nel 2011 presso il Shanghai Art Museum.

 

 

Fatiha Zemmouri

Materia Prima

Scuderie Ducali di Palazzo Acquaviva, Atri (TE)

7 Luglio – 2 settembre, 2018

A cura di Paolo De Grandis
Coordinatore: Carlotta Scarpa, PDG Arte Communications
Orari: mostra aperta tutti i giorni 10.00 – 12.30 / 17:00 – 19.30 / 21:00 – 23:00

INGRESSO GRATUITO

Fathia Zemmouri vive e lavora tra Casablanca e Marrakech. Fathia ha posto al centro del proprio lavoro una vasta gamma di materiali. La polimatericità consente all’artista di segnare le diverse fasi del processo di sviluppo ed evoluzione dei materiali all’interno della propria opera. Ciò che la interessa di più è riuscire ad analizzare il complesso meccanismo della trasformazione e mettere in evidenza la nozione di tempo che intercorre tra l’oggetto di partenza e l’oggetto metamorfizzato. I suoi lavori carichi di tensione segnano le varie fasi della mutazione umana e la sua evoluzione durante il ciclo della vita. Il simbolismo dei materiali è un’allegoria attraverso cui Fathia esamina le dinamiche universali legate all’umanità, alla tragedia dell’esistenza, all’uomo di fronte al suo destino e alla questione della sua finitezza.

Poetry of the Flow
Yahon Chang

A cura di Maria Rus Bojan
Evento collaterale di Manifesta 12 - Palermo

 
Yahon Chang, Senza titolo, 2018, Olio su tela

COMUNICATO STAMPA

17 giugno – 19 agosto 2018
Inaugurazione 15 giugno 2018, 18:00 – 20:00

Sala delle Armi, Palazzo Chiaramonte-Steri, Palermo, Italia

Nella mostra Poetry of the Flow, l’installazione site-specific dell’artista taiwanese Yahon Chang trasforma la cornice monumentale della Sala delle Armi di Palazzo Chiaramonte-Steri in un ambiente interattivo affrontando questioni filosofiche, spirituali ed esistenziali che ruotano attorno alla condizione umana contemporanea attraverso una serie di grandi dipinti che, realizzati con le tradizionali tecniche a inchiostro cinesi, ricoprono l’intero spazio espositivo circondando il visitatore.

                        

 
Negli ultimi due millenni, Palermo, occupata di volta in volta da molti paesi europei, ha intrecciato legami duraturi con l’Africa settentrionale e il Mediterraneo orientale. L’artista trae dunque ispirazione dal contesto sociale della città che ospita Manifesta 12 e dai suoi ricchi valori storici, sincretici e culturali.

La pittura a inchiostro e la calligrafia sono parte integrante della cultura dei letterati cinesi da migliaia di anni. Chang, rifacendosi all’estetica e alle tecniche classiche, crea un nuovo linguaggio che risponda alle esigenze di una società contemporanea e, per farlo, anziché concentrarsi sul processo creativo, assume un approccio artistico simile a quello del movimento occidentale dell’Espressionismo, per il quale le opere sono manifestazione delle idee o dei sentimenti intimi dell’autore.

                         


Dando vita a un concetto performativo aperto, Yahon Chang intende coinvolgere nella mostra la comunità locale e i visitatori invitandoli ai workshop che si terranno quotidianamente presso il suo studio temporaneo di via Pantelleria nella settimana del vernissage, in occasione dei quali insegnerà la calligrafia cinese e le tecniche tradizionali di pittura delle lanterne.

L’integrazione dell’artista nel paesaggio locale urbano si esprime anche attraverso una serie di lenzuola comprate a Palermo, dipinte e appese nel giardino del suo studio, a rispecchiare la miriade di lenzuola che spenzolano dai balconi delle case dei suoi abitanti. Accostando i grandi quadri realizzati con la tecnica della pittura a inchiostro cinese alle lenzuola dipinte acquistate in loco, Chang offre la sua interpretazione della stratificazione di storie che si sono succedute numerose nella città per millenni, creando un ponte tra la sua cultura e la multiculturalità di Palermo.

 

                    

Note agli editori

Informazioni sull’artista
Nato nel 1948, Yahon Chang vive e lavora a Taipei, Taiwan. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive internazionali, tra cui la recente personale The Question of Beings al MACRO di Roma (2016) e la 56. Mostra Internazionale d’Arte - la Biennale di Venezia (2015). Cresciuto nella Taiwan coloniale post-giapponese, realizza opere che ritraggono un particolare linguaggio visivo dando voce all’agonia, al rifiuto, alla lotta, all’avversità, all’accettazione e all’amore, nonché alla sua ricerca di una spiritualità e una pace superiori. Vi è una qualità misteriosa nei dipinti di Yahon che cementa la serenità nello spettatore, rendendo l’opera senza tempo.

Mostra
17 giugno – 19 agosto 2018

Sala delle Armi, Palazzo Chiaramonte-Steri, Piazza Marina 61, 90133, Palermo, Italia

Orario di apertura:
Ogni giorno 10:00 – 19:00 (chiuso il lunedì, tranne il 18 giugno)

Ingresso libero

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Workshop e studio di pittura
14 – 20 giugno 2018, 16:00 – 17:00

Via Pantelleria 18, Palermo, Italia (a 10 minuti a piedi dallo spazio espositivo)

Il workshop è aperto al pubblico dal 14 al 20 giugno per un’ora al giorno dalle 16:00 alle 17:00. In un approccio inclusivo, che vuole coinvolgere sia il pubblico locale che quello internazionale, Chang invita le varie comunità di Palermo e dell’area circostante nel suo spazio personale attraverso un programma pubblico accessibile basato sul dialogo, che offre un’opportunità unica di dipingere a inchiostro con l’artista. Tra le attività proposte, seminari di disegno, pittura a inchiostro e pittura calligrafica su lanterne cinesi. Tali attività fanno parte del programma dell’evento collaterale di Manifesta 12.

Artista:                       Yahon Chang
                                  (nato nel 1948, vive e lavora a Taipei, Taiwan)

Curatore                   Maria Rus Bojan

Vicecuratore             Francise Chang

Organizzatore          MDCA Foundation, Taipei, Taiwan

Coordinatore            Paolo de Grandis & Carlotta Scarpa
                                 PDG Arte Communications, Venezia, Italia

Sponsor                   BANK / MABSOCIETY, Shanghai, Cina
                                 C-Space + Local, Pechino, Cina

Sostenitore               Valorizzazioni Culturali, Venezia, Italia

 

Con il patrocinio della Città di Palermo
…………………………………………………………………………………………….

Contatto stampa
Carlotta Dennis-Lovaglio - Pelham Communications
carlotta@pelhamcommunications.com
+44 (0)20 8969 3959

Contatto organizzazione
Francise Chang francise@mac.com

…………………………………………………………………………………………….

Sito Internet
www.yahonchang.com

Social
www.facebook.com/yahonchang

Hashtag
#yahonchang

 

 


 

 

Yoko Ono

 

INVISIBLE PEOPLE

 

PALERMO CAPITALE DELLA CULTURA

 

Mura delle Cattive

16 Giugno – 19 Agosto 2018

Orari di apertura: 10.00 -19.00

 

COMUNICATO STAMPA

In occasione di PALERMO CAPITALE DELLA CULTURA, sarà presentata per la prima volta a Palermo un’installazione di Yoko Ono.  INVISIBLE PEOPLE è un progetto dalla lunga elaborazione: una visione simbolica e metaforica del viaggio dei migranti, tra immaginazione e poesia per non dimenticare.

YOKO ONO è un’artista la cui opera provocatoria sfida l’interpretazione dell’arte data dallo spettatore e il mondo che lo circonda. Sin dall’inizio della sua carriera, è stata una concettualista il cui lavoro ha abbracciato teatro, istruzione, cinematografia, musica e scrittura.

Promossa dalla Città di Palermo – Assessorato alla Cultura, curata da Jon Hendricks e Paolo De Grandis, coordinata da Carlotta Scarpa la mostra è organizzata da PDG Arte Communications in collaborazione con Valorizzazioni Culturali.

L’opera sarà esposta presso le Mura delle Cattive, considerate uno dei simboli di Palermo. La "passeggiata delle Cattive” è un monumento ottocentesco di Palermo prospiciente il mare posta sulle mura civiche presso la porta Felice e a ridosso del Foro Italico. Il nome delle Mura risale all’800, per molti secoli sono state per i palermitani la difesa estrema della città. La storia racconta di una terrazza ottocentesca riservata alle “cattive”, ossia le prigioniere (dal latino captivae) del dolore. In quanto vedovem, infatti, potevano fare le loro passeggiate senza essere importunate.

INVISIBLE PEOPLE presentata in anteprima mondiale in occasione di OPEN 20. Esposizione Internazionale di Sculture ed Installazioni ideata da Paolo De Grandis parallelamente alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, sarà visitabile a Palermo fino al 19 agosto.

 

YOKO ONO, nata a Tokyo nel 1933, si è trasferita a New York nel 1953, proseguendo gli studi di filosofia intrapresi in Giappone. Alla fine degli anni Cinquanta, è diventata parte delle fervide attività avanguardistiche della città. Nel 1960, ha aperto il suo loft in Chambers Street a una serie di rappresentazioni radicali e ha esposto i frutti di alcune sue prime opere concettuali. Nel 1961, ha organizzato una personale alla leggendaria AG Gallery di New York, dove ha esposto i suoi dipinti Instruction Paintings. Successivamente, ha tenuto un concerto in assolo alla Carnegie Recital Hall presentando rivoluzionarie opere che compendiavano movimento, suono e voce. Nel 1962, è tornata a Tokyo, dove ha reinterpretato la sua performance new-yorkese al Sogetsu Art Center, esponendovi anche le sue opere Instructions for Paintings. Nel 1964, ha rappresentato Cut Piece a Kyoto e Tokyo, pubblicando poi Grapefruit. Alla fine di quell’anno, è rientrata a New York e, nel 1965 e nel 1966, ha presentato un altro concerto alla Carnegie Recital Hall, ha partecipato al Perpetual Fluxus Festival, ha esposto The Stone alla Judson Gallery e ha realizzato la prima versione del Film No. 4 (Bottoms), allestendo contemporaneamente numerosi altri eventi. Nell’estate del 1966, è stata invitata a partecipare al Destruction in Art Symposium a Londra, quindi ha organizzato personali all’Indica Gallery e, l’anno successivo, alla Lisson Gallery. Durante lo stesso periodo, ha anche tenuto una serie di concerti in tutta l’Inghilterra. Nel 1969, assieme a John Lennon, ha realizzato Bed-In e la campagna mondiale per la pace War Is Over! (if you want it). YOKO ONO ha inoltre realizzato una serie di filmati, tra cui Fly e Rape, nonché inciso molti dischi, come Fly, Approximately Infinite Universe, Rising e, più di recente, Between My Head and the Sky. È stata protagonista di molte mostre museali, tra cui esposizioni itineranti organizzate dal Museum of Modern Art Oxford e dalla Japan Society di New York. Nel 2009, ha esposto ANTON’S MEMORY alla Fondazione Bevilacqua di Venezia e ha ricevuto il Leone d’oro alla carriera dalla Biennale di Venezia. Tra le numerose mostre organizzate ultimamente, nel 2010, ha esposto I’LL BE BACK presso lo Studio Stefania Miscetti a Roma e DAS GIFT all’Haunch of Venison a Berlino. Nel 2011, ha esposto proprie installazioni partecipative alla Wanås Foundation in Svezia e alla Triennale di Yokohama e ha tenuto quattro personali a Tokyo, New York e Hiroshima, tra cui Road of Hope – Yoko Ono 2011 all’Hiroshima City Museum of Contemporary Art, dove le è stata conferita l’ottava edizione del prestigioso Hiroshima Art Prize per l’attività che ha incessantemente svolto in nome della pace. Attualmente, Yoko Ono ha in corso importanti personali alla Serpentine Gallery di Londra e al Moderna Museet di Stoccolma. Quest’anno, ha ricevuto l’Oskar Kokoschka Prize 2012 a Vienna, in Austria. Nel febbraio 2013, la Schirn Kunsthalle di Francoforte allestirà un’importante retrospettiva che si sposterà in altre tre sedi. Nel 2007, ha creato l’installazione permanente IMAGINE PEACE TOWER sull’Isola di Viðey, Islanda, e continua a lavorare infaticabilmente per la pace con la sua campagna IMAGINE PEACE.

Per ulteriori informazioni, consultare il sito:

www.imaginepeace.com

 

    

 

INFORMAZIONI PER LA STAMPA:      

PDG Arte Communications

pressoffice@artecommunications.com

 

 

  1. From La Biennale di Venezia & OPEN to Rome. International Perspectives | "7" AMIN GULGEE
  2. TraVellArT | Alexandra van der Leeuw - Sotto la pelle del leone
  3. Vertical Fabric: density in landscape: Hong Kong in Venice | BIENNALE ARCHITETTURA 2018
  4. Unintended Architecture Exhibits from Macao, China | BIENNALE ARCHITETTURA 2018

     

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