Germania
Paul Elsner

Personalità complessa quella dell’artista tedesco Paul Elsner, ricca di sfaccettature, fluttuante nell’imaginifico, seppur saldamente ancorata ad un solido mondo concreto, affondando le sue radici nel mito, nella storia, nella tradizione, rispettandone i valori anche quando si lancia in avventure proiettate verso il futuro tecnologico.

Paul Elsner è anzitutto uno studioso approdato alla tecnologia attraverso severi studi tecnico-scientifici. Il mondo in cui fa muovere i suoi progetti è quello attuale, spinto verso spazi sempre più ampi. Elsner avanza sul terreno dell’arte quale attento e sensibile osservatore degli accadimenti della sua Città, di cui conosce ogni piega. Ama procedere in un’indagine geografica, storica, politica di Dresda, non avulsa dal passato più recente da cui l’artista sembra voler prendere le dovute distanze, forse perché non tutte le ferite sono rimarginate. Le installazioni di Elsner sottolineano il loro carattere tecnologico ed evidenziano la funzionalità dei materiali impiegati, per lo più vetro o vetro acrilico, utilizzando in qualche caso addirittura le facciate di vetro dei palazzi su cui giocare con la luce. E qui l’elemento luce si trasforma da strumento di illuminazione a esaltatore del dettaglio, creatore di suggestioni, mutando la percezione dello spazio e del rapporto tra gli oggetti ivi contenuti. Le fantasiose installazioni di luce di Elsner decorano la città con innovativi effetti scenografici. Luce e specchio sono i due elementi fondanti nella creazione dell’opera "Paradise-Paralyze", con cui Paul Elsner rappresenta la Germania a OPEN XI. Un grande specchio circolare, convesso, di m 1,50 di diametro, è appeso al di sopra della gradinata d’accesso all’Hotel Des Bains al Lido di Venezia, e riflette un’immagine lievemente distorta di coloro che vi si appressano e dell’ambiente circostante. Al calar del giorno, si percepisce, dietro allo specchio, l’astrazione di un occhio luminoso, nella cui pupilla si evolve un movimento rotatorio continuo, come per le lancette di un orologio o di un radar. La luce ha valore di verità: è la luce a disvelarci il mondo. Si presentano simbolicamente nell’opera dell’artista tedesco le facce di un’emblematica medaglia, forgiata all’urgere di problemi e di cambiamenti sociali repentini. Occhio e specchio si integrano quale metafora dei valori essenziali che nella nostra epoca, caratterizzata dal culto mediatico, sembrano venir meno. L’occhio ci è stato tramandato quale simbolo di Dio onnisciente. Ma questo motivo può purtroppo richiamarsi anche all’occhio che spia in un regime totalitario, che esclude ogni casualità, ogni imprevisto, controllando il tutto. Il desiderio esasperato di chiarezza ha portato per converso, all’epoca della Rivoluzione francese, all’Illuminismo. Nei regimi totalitari più recenti, al controllo operato dalle varie Polizie segrete, ogni informazione riportata poteva essere non solo pericolosa, ma diventare un’arma pietrificante, come allo sguardo paralizzate di Medusa, la Gorgone dotata di un potere magico di efficacia devastante. Lo sguardo uccide. Lo sguardo ammalia, fulmina, seduce, poiché è uno strumento dell’anima. Elsner fa suo il motivo dell’occhio paralizzante dei racconti mitici del mondo celtico e dell’antica Grecia e, come Jean Paris, che ha tentato di fondare una critica delle arti visive sullo sguardo e sul modo in cui esso “s’impone, si muta, si nega”, sottolinea la corrispondenza biunivoca fra lo sguardo che osserva e l’oggetto osservato. Lo sguardo è simbolo e strumento di una rivelazione e la Medusa - riprendendo il pensiero di Paul Virilio ne “La macchina della visione“, Parigi, 1988, - rappresenta una sorta di circuito integrato del vedere, che sembra annunciare un futuro terribile alla comunicazione. Dal 2005 ad oggi il percorso artistico di Elsner è segnato da una serie di importanti progetti, tappe di un excursus che dal divieto alla comunicazione con la messa al bando dell’”Arte degenerata”, portano ad un recupero dei valori essenziali. Fra quelli più recenti, ricordiamo “Der lichte Wald” (Il bosco rado), installazione creata nel 2007 per la Galleria d’Arte del Delikatessenhaus di Lipsia: su strisce di vetro verticali, oscillanti alla brezza, è proiettata l’immagine, manipolata al computer, di un bosco di betulle. Frammenti reali e virtuali, implicanti un processo visivo-spaziale, vanno stratificandosi alla riflessione e deviazione dei fasci di luce. L’esito artistico sottende un operoso cammino di ricerca della verità. Elsner si muove nell’amato e ad un tempo temuto bosco nordico, luogo di smarrimento, come nella favola di Grimm, ma anche rifugio sicuro. Un senso nostalgico lo riporta alla "Waldeinsamkeit" romantica; il bosco allora si fa oasi di quiete, lontana dall’ansia che attanaglia il "Global village". Ma il bosco di betulle rimanda inevitabilmente a "Birkenau" e un’ombra cupa si allarga evocando un oscuro passato recente. L’arte di Elsner ha dunque un valore evocativo ed educativo anche per le generazioni a venire. Da questo lavoro emerge un impegno storico-politico dell’artista, estraneo a qualsiasi ideologia, che apre la strada alla discussione, già dimostrato nel 2006 con la video-installazione "Ströme" (Correnti) per l’Anniversario del bombardamento di Dresda del 13 febbraio 1945. Associandosi all’iniziativa civica "Bürger.Courage" contro il reflusso dell’estrema destra, si è richiamata l’attenzione sulle conseguenze deleterie del pensiero e dell’azione neonazista. Nel progetto, patrocinato dal Presidente del Bundestag, Wolfgang Thierse, l’Elba diventa il luogo della memoria. Dall’Augustusbrücke, nell’oscurità, vengono proiettati sulle sue acque testi di scrittori e poeti ispirati alla tragica distruzione di Dresda, tra cui Durs Grünbein, Volker Braun e Christian Lehnert. Le parole affiorano in superficie, assumono forma e leggibilità e scompaiono inghiottite dalla corrente. L’Elba diviene culla e ultimo approdo della cultura, della tradizione, dell’arte di un popolo che ha fondato le sue sedi lungo le sue rive. Elsner come Virilio teme i futuri sviluppi comunicativi in un mondo globale; per questo ha voluto dare alla sua arte voce collettiva e ad un tempo "monocorde" con la creazione del Gruppo Lumopol, con cui opera in campo artistico con sempre rinnovato successo.

Testo a cura di Nevia Pizzul-Capello