Lello Ardizzone alias Tony Wetfloor

 

Lello Ardizzone alias Tony Wetfloor

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Le opere di Wetfloor comunicano grande cultura e tradizione, riportata sapientemente in chiave contemporanea e tecnologica; ma di lui si sa veramente poco. Inglese, nato intorno al 1960 (troviamo una sua foto da bambino sui social), nulla di più se non che ama viaggiare per lavoro e per passione. Qualcuno afferma che non abbia nemmeno una fissa dimora, ma sempre una suite prenotata negli alberghi più fashion delle capitali, ovviamente sotto pseudonimo.

Le sue opere, seppur molto eterogenee, sono immediatamente riconoscibili per la forza e la cultura che sprigionano. Mandala tibetani della cultura Veda quasi tatuati sulla tela, piccole figure mitologiche e di guerrieri annegate negli intrecci di colore che rimandano immediatamente alla street art e ad una cultura diametralmente opposta.

Tele raramente povere di cromaticità, se non qualche pregiato bianco e nero alla Vedova, o blu marini sfumati e ricchi di luce alla Sturla. Più spesso i colori si mescolano. I primi lavori presentano sfumature di pantone tenui, pennellate con rigore come amava fare il grande Dorazio.

Tele disseminate di pois colorati, interrotti da altri più grandi neri, come se per un attimo fosse mancata corrente o connessione al suo Ipad; mosaici posati tessera per tessera sul tablet, con grande precisione tecnica e la sapienza della simbologia antica e più contemporanea.

Tappeti persiani del XXI secolo, tessuti e annodati a mano su Ipad; ogni singolo dettaglio, non esiste “copia e incolla”. Perché nulla è “banalmente” ripreso e copiato dalla storia dell’Arte. Ogni file prima di diventare tela è frutto di rielaborazioni grafiche e mentali, culture che si mescolano con sapienza ed esperienza vissuta in prima persona. Ma anche di emozioni del momento.

I suoi pezzi più interessanti nascono nelle lounge o negli spazi comuni di attesa degli aeroporti, tra un viaggio e l’altro. Ed ecco che infatti cambia l’intensità del colore e la violenza con cui viene gettato sulla tela “virtuale” del video del suo Ipad. Un tablet usato come un vecchio quaderno degli appunti o come una tela di grande formato. Un tablet privo di connessione internet, perché Wetfloor non vuole essere rintracciato e distratto dai social... forse perché quel pc da cui si estrapola qualsiasi cosa invece per la sua Arte è il foglio, la tela bianca. Quella tela dove non si può copiare, ma reinterpretare... What is not Art?

Serena Mormino, Curatrice