Venezia Arte Contemporanea e Spazi Espositivi
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Finlandia
Pasi Eerik Karjula

Pasi Eerik Karjula (nato nel 1964) realizza massicce e robuste sculture in legno, spesso adoperando la sua motosega per creare opere in scala umana con un linguaggio gestuale essenziale. Noto anche per la serie OOPS di sculture pubbliche (realizzate insieme all’artista Marko Vuokola), Karjula è un talento versatile, un artista spaziale, ambientalista e concettuale che utilizza molti supporti. I temi semplici delle opere in legno di Karjula, estranei alla scultura moderna, come castelli, navi o corone, seducono lo spettatore spingendolo a ipotizzare interpretazioni che trascendono la quotidianità per ricongiungersi ad un mondo mitologico, storico, favolistico. Le opere diventano narrazioni aperte, storie che l’artista non racconta fino in fondo, lasciando tale compito allo spettatore. Karjula stratifica il tempo abbinando nuove e vecchie opere in realizzazioni più grandi, creando nuove giustapposizioni, dinamiche e storie tra opere per altri versi singole e distinte, e in esse si integrano i cambiamenti prodotti dal tempo, come macchie ed effetti degli agenti atmosferici, che divengono parte della loro identità e del loro significato. Per OPEN, Karjula ha realizzato un’opera composta da diverse parti essenzialmente basata su OOPS III (2004). L’arte grottesca di Karjula e la banalità delle sue opere intessono un dialogo carico di tensione con i luoghi in cui sono esposte: la cinematicità e la sfarzosità tipiche di Venezia creeranno un contesto romanzato interessante per le “sculture folk” di questo artista.

Curatore Pilvi Kalhama

Con il patrocinio dell'Ambasciata di Finlandia


 

Italia
Giuseppe Spagnulo

Non esiste materia inerte, né il suo compimento statico nell’imperativo di una Forma creata. Ogni opera di Giuseppe Spagnulo sin dagli esordi sembra voler incarnare questo assunto. E in queste forze che trasformano e travolgono ogni evidenza, colpisce tragica, immensa, epica la forza di un pensiero, di un’ideologia, di una sorta di “eccitazione mentale” che costituisce l’orma, l’impronta dell’artista nella creazione del suo lavoro.

“La pressione della forgia” ricorda Spagnulo “serve agli operai per dare forma ad un oggetto. A me, scultore, serve per levare forma ad un oggetto. Io parto dall’operaio che batte il ferro o lo comprime; agisco su queste pressioni che sono tremende, ma che sono, tutto sommato, anche inutili. Perché, tanta forza io la rivolgo solo contro se stessa”.

Scolpire non è solamente un atto di forza forgiante, ma soprattutto un atto d’azione che identifica la fucina come il luogo del pensiero attivo, lo spazio in cui avvengono fisicamente e alchemicamente le trasformazioni, le lotte tra materia, lo spazio, il vuoto. Se giustamente la critica identifica l’opera di Spagnulo come intimamente connessa all’azione del fuoco è anche vero che l’incarnare è rappresentare la forza universale del fuoco che sembra affascinarlo, servirgli. Egli non è piegato alla supremazia del fuoco ma ne è in continua dialettica, dialogo, tensione e talvolta assoluta sfida.

Risiede nell’infinita vitalità d’ogni materia, delle molecole forti d’argilla, di terre, d’acciaio, il ricercare, talvolta polemicamente, la definizione di uno spazio, l’aggressione naturale della gravità, di un Peso della materia su se stessa e “nel Vuoto” che è elemento primo, materia della scultura…

 

Curatore Bruno Grossetti

 

Testo a cura di Luca Massimo Barbero / Catalogo: "E se venisse un colpo di vento?" Peggy Guggenheim collection, 2005

 

Con il sostegno di Grossetti Arte Contemporanea, Milano

USA
Christo and Jeanne-Claude

Tra i grandi protagonisti di quella splendida stagione artistica chiamata Nouveau Realisme, genialmente seguita da Pierre Restany, Christo si è distinto per un suo personale percorso che, pur rimanendo nell'ambito della poetica del gruppo, ha saputo in qualche misura rendere personale e unico, innestando al suo interno i frutti della Land Art, con una attenzione però ai luoghi e alle loro peculiarità che prelude e si innesta in quella vena ecologista di matrice no global oggi così presente e viva nella nostra società. Christo avrebbe potuto proseguire la sua già sorprendente carriera continuando ad “impacchettare” oggetti e cose, facendo cassa come molti dei suoi compagni di strada, ma la sua curiosità intellettuale e in parte anche il fortunato sodalizio con la sua compagna Jeanne-Claude, ne hanno deviato il percorso verso le grandi installazioni e le grandi performance artistiche, creando eventi che hanno sorpreso e sedotto milioni di persone. Lo stravolgimento dei luoghi, di volta in volta scelti per le loro straordinarie installazioni, va di pari passo con la loro capacità di rispetto e a volte di riqualificazione di questi stessi luoghi che spesso vengono restituiti, dopo i loro interventi, integri, migliorati e spesso ripuliti. L'opera scelta per OPEN è un impacchettamento storico che, come tradizione, non svela il suo contenuto celandolo al nostro sguardo. Il senso di mistero e di curiosità che esso provoca, nella sua mancanza di indizi su un contenuto noto solo all'artista, è la parte più intrigante del suo essere opera d'arte e che, proprio in questa sua non rivelazione, racchiude il suo messaggio il suo contenuto intellettuale il quale lascia aperta allo spettatore ogni possibile congiuttura in merito. L'opera di Christo è, nel suo dipanarsi dagli inizi ad oggi, un'opera estremamente contemporanea e fortemente moderna, grazie ai suoi connotati che attraversano le fonti basilari del pensiero moderno, dalla comunicazione di massa alla ecologia, dal glamour all'ambiente, dall'uso della fotografia e del plotter a quello del disegno e della pittura, così come l'uso delle più moderne tecnologie e dei più moderni materiali necessari per la realizzazione dei suoi sorprendenti happening. L'opera di Christo e oggi di Christo e Jeanne-Claude diviene quindi, in virtù di tutte queste componenti, forse l'opera più sorprendentemente vicina al mondo contemporaneo, definendo un percorso artistico tra i più significativi di questa nostra epoca.

Curatore Vincenzo Sanfo

Courtesy Christo and Jeanne-Claude

Con il patrocinio dell'Ambasciata degli Stati Uniti d'America

 

India
Bharti Kher

 

"Realizzando alcune opere, nel corso degli anni, ho avuto l’impressione di non riuscire ad afferrare il filo che collegava l’insieme… poi, in un giorno di particolare ottimismo, ho pensato che il mondo fosse un luogo positivo, dove tutte le cose coesistevano in maniera caotica e sgraziata mentre la vita avanzava, per cui talvolta si poteva anche perdere il filo. Nel mio lavoro non posso dire di avere realmente una strategia predefinita.

 

Forse dovremmo vedere meglio le cose, dovremmo analizzare più approfonditamente, ma sempre al ritmo che ci è proprio, le cose che ci rendono speciali. Le nostre abitudini e il nostro vissuto, insieme, creano un terzo rapporto più complesso… il connubio tra idee e credo, che sfocia nella domesticità della fede e dell’amore. Ogni giorno, in un enorme subcontinente, le donne compiono un spettacolare rituale di limpidezza concettuale e coraggiosa consuetudine. Per aprire il bindi, un terzo occhio metaforico, e quotidianamente vedere meglio il mondo o comprendere un po’ più chiaramente, catturandole con freschezza attraverso uno sguardo vergine, le cose che incontriamo. Divino e domestico continuano a camminare di pari passo, contrapponendosi e, al tempo stesso, sostenendosi reciprocamente… senza vergogna in uno spirito di accettazione… rinunciando, conquistiamo la libertà… non rinunciando, nulla è perduto, perché esiste la salvezza".

 

Tratto da Made by Indians, ed. Galerie Enrico Navarra, Parigi, 2007

 

 

Curatore / Testo a cura dell'Artista

 

Courtesy of Galerie Enrico Navarra

 

Italia
Gianfranco Meggiato

La natura profonda della scultura

 

Come nei tempi antichi, la scultura deve riappropriarsi della propria natura più profonda, […] implicare la sofferenza e la continua e mai doma ricerca dell’artista, che, solo attraverso una lenta appropriazione delle tecniche esecutive, (quasi come in un processo iniziatico) riesce infine a concretizzare l’immagine mentale della sua opera […]. Sfida ultima è l’utilizzo dei materiali e delle tecnologie antiche, (come la fusione in bronzo a cera persa) per indicare, attraverso forme astratte, nuove vie e nuove emozioni. (Gianfranco Meggiato, La mia scultura)

 

[...] Tenendo conto delle riflessioni del nostro artista sul suo lavoro, un elemento che va innanzi tutto sottolineato è quello che riguarda il rapporto fra esterno e interno delle forme che Meggiato ci offre; non si tratta qui solo del contrasto fra vuoti e pieni, fra superfici concave e convesse, fra luci e ombre, quanto piuttosto di una mappa psicologica da percorrere. [...]

Dalla superficie è necessario penetrare, seguendo le sue mani, nelle cavità interne alla ricerca di un nucleo centrale, percorrendo il microcosmo di un sistema planetario e di un movimento orbitale in contrazione.[...]

Ma queste introsculture di Meggiatonon lasciano spazio all’indeterminatezza; e se il loro modo di parlare all’uomo che cerca se stesso è interrogante e drammatico, esse sanno tuttavia occupare e contenere lo spazio in modo autorevole, significante e concluso.

 

Curatore Gianfranco Meggiato

 

Testo a cura di Paolo Levi

 

 

  1. Italia - Barbara Taboni
  2. Germania - Iris Brosch
  3. Italia - Resi Girardello e Cristina Treppo
  4. USA - Beverly Pepper

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