: Italia
Roberto Bricalli
La bellezza si rincorre tra i volumi Johann J. Winckelmann affermò, alla fine del settecento, che la bellezza: quale espressa nell’impareggiabile scultura classica, è un principio perenne e non mutevole dell’arte. La maestria dell’arte di Roberto Bricalli pare essere figlia di questa affermazione. Fin dalle sue prime frequentazioni con quel nobile materiale, tra le maestose cave di Carrara e, tra la tanta historia che quei blocchi marmorei raccontavano, le sue sperimentazioni erano volte a cercare attraverso quel passato classico una chiave per una nuova e contemporanea lettura della scultura. Ardua ed impegnativa ricerca. Una metamorfosi continua accompagna appunto tutto quel suo lavoro di indagine tra i volumi per tentare di conciliare un astratto contemporaneo con una storica classicità. Da Prassitele a Moore da Fidia ad Arp l’incontro scontro, il dialogo tra le due antitesi di come intendere la scultura, paiono nelle opere di Roberto Bricalli trovare un punto di incontro. Una sottile “liaison amorosa“ tra questi due opposti accompagna tutto il suo lavoro. Il critico Paolo Levi dice: “ Per Bricalli la fedeltà alla scuola dell’armonia estetica non significa non dovere approdare a nuovi lidi di ricerca formale. Anzi. Le sue sculture sono portatrici di un particolare piacere visivo e il loro messaggio pone l’osservatore in stato di costante meditazione". Le sue opere coinvolgono lo spettatore che viene trascinato tra un'usuale classicità - profonda in ognuno di noi - ed una ricerca rigorosa - spirito sempre in noi presente- del nuovo. Il tutto per affrontare il nostro piacevole futuro confortato da questa sua personale classica sicurezza. Dettagli di volti pacatamente certi della propria armonia, parti di un corpo ripescato tra i flutti di un omerico mare in tempesta, azzardate soluzioni anatomiche accolgono il visitatore che si accinge ad ammirare queste sue figlie. Restiamo sorpresi sia dalla capacità scultorea del giovane maestro, che dalla ricchezza di contenuti che le sue opere possiedono. La sua è una totale indipendenza alle regole dello spazio. L’allusione, il dire non dire, lo stimolare la fantasia è prerogativa di questi più che interessanti lavori oggi esposti in occasione di questa sua ultima ed importante antologica. L’astrattismo si fonde in un figurativismo di vago sapore surrealista che avrebbe certamente intrigato e coinvolto i rappresentanti di questo storico movimento. Sicuramente Salvador Dalì avrebbe immediatamente e con grande facilità compreso il messaggio di Roberto Bricalli. La capacità di creare un mondo, un’atmosfera d’attesa, un messaggio di una possibilità futura attraverso l’accentuarsi di tutto questo credo in un solo dettaglio scultoreo: lo scolpire una sola parte di un immaginario, enorme, irreale colosso, è nel suo scalpello. Questa è una delle prerogative maggiori dell’arte di Bricalli. Le sue opere ammantate di un’impalpabile irreale e surreale senso di non precario coinvolgono tutto il nostro inconscio. Un sorriso insieme ad un immaginario fiore, un occhio insieme ad un dolce pensiero, una palla che non rotola su di un collo sereno: sono appunto queste le riconoscibili ed ormai classiche, per la storia dell’arte contemporanea, opere di Bricalli. L’attualità tematica di queste sculture sorprende: sono dettagli, parti di corpi, ritagli anatomici, scampoli umani. L’artista sente, oggi, la problematica della genetica attuale. Le sue ultime opere, la maggior parte realizzate in angelici, bianchi, puri marmi di Carrara sono teste umane racchiuse, costrette a dialogare tra loro dentro concettuali gabbie da ospedale. Non vi è sconcerto nei loro volti, neppure paura anzi una serena fiducia in quella scienza che per il sapere e la certezza di un futuro migliore le costringere ad essere cavie di uno storico passaggio. I volti sono più tesi che nelle precedenti sue sculture, palpitano: l’artista sa quanto le sue figlie siano chiamate ad essere parte di un grande momento storico. Per questo le ha modellate sottili, eteree, quasi angeliche: vestali sacrificali. Questo momento di passaggio culturale che porta a clonazioni, mutazioni strutturali dell’essere umano sono da tempo ormai considerate la sua “ grande intuizione scultorea”. A differenza dell’artista australiana Piccinini che nella ultima Biennale di Venezia esponeva inquietanti ominidi, frutto di sovrapposizioni genetiche, il lavoro di Bricalli è permeato, avvolto da una sensazione sì di smarrimento ma con insita una serena profonda certezza di arrivare al traguardo: l’Uomo raggiungerà in maniera armonica la fine di questo nuovo e così inquietante millennio. Le opere di Roberto Bricalli sono, qui, a garantirci già sicura testimonianza di un futuro migliore per noi tutti. Scritto a Portofino nel Luglio del 2004, il giorno di San Benedetto
Curatore: Daniele Crippa, Presidente del Museo del Parco-Centro Internazionale di Scultura All’Aperto
Testo a cura di Daniele Crippa, Presidente del Museo del Parco-Centro Internazionale di Scultura All’Aperto
Con il supporto del Museo del Parco-Centro Internazionale di Scultura All’Aperto
:: Macao Museum of Art
Wong Ka Long
Questa scultura rappresenta un antico motivo cinese, chiamato in mandarino “Shuang Xi”, principale decorazione del tradizionale banchetto nuziale cinese, che simboleggia la doppia benedizione dello sposo e della sposa. In un’epoca in cui stile di vita e cultura cambiano rapidamente, il motivo richiama con forza il tradizionale concetto cinese di matrimonio esortandoci a interrogarci sul significato ultimo dell'unione coniugale ideale nel nostro mondo interiore. Presentando “Shuang Xi” a Venezia Lido, vorrei trasmettere dal più profondo del cuore la mia benedizione a tutte le coppie del mondo.
Curatore: Ung Vai Meng
Testo a cura di Wong Ka Long
Con il supporto ed il patrocinio, e per gentile concessione del Civic and Municipal Affairs Bureau, Macao Museum of Art
Ringraziamenti: Kelly Kuan
: Italia
Stefano Fioresi
L’installazione "Passione e Gloria" di Stefano Fioresi realizzata per OPEN2OO6 è un’intelligente operazione di marketing dell’immagine. Nel più puro stile pop, l’artista modenese sceglie dai circuiti d’informazione di massa un’icona attuale da almeno duemila anni, quella del Cristo vilipeso e abbandonato dal Padre. Una figura carica di significato per l’intera società contemporanea: cristiana, non cristiana, laica. Viviamo in un tempo in cui le religioni di nuovo dividono i popoli e pongono l’accento più sul separare che sull’unire, contraddicendo così la base di qualunque credo. Il volto carismatico del Cristo che nella morte incarna la condizione di qualunque essere umano abbia calcato la terra, riassume le paure, le insicurezze e la fragilità delle persone. Fioresi prende il suo sguardo sofferente e lo traspone sulle facce di sei cubi sovrapposti l’uno sull’altro in modo da formare una sorta di piramide moderna alta quattro metri. Gesù solleva gli occhi verso l’alto mentre i chiodi gli trafiggono le mani. Il ripetersi ossessivo della scena itera il tema dell’opera, non c’è gloria senza dolore. E il monito di quella faccia bianca che sembra conquistare lo spazio con fatica ricorda all’uomo della strada l’invito di Heidegger a “disporsi di nuovo nell’aperto come facevano gli antichi, se si vuole ritrovare il divino”. Ma i nostri occhi strapieni di immagini tecnologiche hanno perso la follia erasmiana della fede. Per tornare al cielo dovremo costruire una torre ben più alta di quella di Babele e semmai provare ad andarci a piedi.
Curatore: Paolo De Grandis
Testo di Anna Caterina Bellati
Con il supporto di: Galleria San Lorenzo
Per gentile concessione di: Cattelan Modena
Ringraziamenti: Patrizia Barlettani, Roberto Milani, Paolo Bacchereti, Antonella Tabani, Mauro Menabue
: Messico
Javier Marín
Javier Marín ha conferito all’uomo, ancora una volta, la massima dignità, restituendogli forza e grandezza, vitalità e luce, desideri e voglia di vivere, ribellione, potere, e addirittura la fiducia nel proprio dono umanitario che, seppure calpestato senza misericordia, non può essere distaccato dall’essere umano. Non rimane dunque molto spazio tra atrocità e apatia, ma in questo pertugio abbiamo costruito il nostro rifugio ignominioso, in cui abbiamo costretto il nostro stesso corpo, i nostri giorni, e tradito la nostra intimità. L’essere umano non delude Javier Marín che continua a scolpirlo con dolore, ammirazione, devozione, amando di un amore tremendo la sua gerarchia brutale, colmo di potere profondo, compassione e nobiltà, ardore e umanità.
Curatore: Vincenzo Sanfo
Testo a cura di Vincenzo Sanfo
Con il patrocinio dell'Ambasciata del Messico in Italia
:: Macao Museum of Art
Chan Pan
I nastri di una cassetta armonica, realizzati in acciaio inossidabile, intendono rappresentare, in forma esasperata, il principale impulso che induce a creare musica e il suo progressivo sviluppo.
Curatore: Ung Vai Meng
Testo a cura di Chan Pan
Con il supporto ed il patrocinio, e per gentile concessione del Civic and Municipal Affairs Bureau, Macao Museum of Art