Città rovesciate al Padiglione di Hong Kong
Fonte: La Nuova

Una tipica casa da tè lunga e stretta, le quattro pareti rivestite di plastica rossa, bianca e blu, un materiale molto in voga ad Honk Kong, con simboli cinesi alle finestre. Lanterne girevoli rosse, bianche e blu appese al soffitto simbolizzano speranza, benedizione e gioia. Teiere e tazze da tè bianche giacciono sui tavoli bianchi, insieme a ritagli di giornale da tutto il mondo, al pari di foglie di tè, a rappresentare gli argomenti delle lunghe conversazioni rilassate che i clienti intrattengono.
La filodiffusione trasmette rumori di sottofondo atmosfera indaffarata e vivace. A ciascuna estremità del lungo corridoio trovano poso un computer e una telecamera con i quali i visitatori possono comunicare coi loro amici tramite Icq/Msn.
L’opera dell’artista anothermountain, quella al Fondaco Marcello di Sant’ Angelo che ospita il padiglione di Honk Kong, è una dichiarazione sull’importanza della comunicazione interpersonale nella società, un’arte che nell’epoca tecnologica si sta tragicamente perdendo. Ispirata invece al «Milione» di Marco Polo l’installazione di Chan Yuk-keung, sulle tenui tonalità naturali del legno e dell’acciaio: la «città» viene mostrata invertita in quanto non è reale, sconfigge le leggi di gravità e colloca il suo vero peso nell’aria, rappresentandolo con sacchetti di carta aperti, sospesi alla base del pannello e al di sopra dei visitatori. Gli spettatori vengono invitati a salire su una rampa per raggiungere una piattaforma dalla quale potranno camminare attraverso il «canale» che separa la città.
(Alessandra Artale)
Venice Village
Il Circolo Artistico di Venezia e Arte Communications stanno selezionando artisti in occasione di VENICE VILLAGE 1° Progetto espositivo di artisti internazionali residenti a Venezia.
Il progetto che si terrà dal 5 al 20 giugno 2004 presso la sede del Circolo Artistico di Venezia, Palazzo delle Prigioni - Castello, 4209 - 30122 Venezia, è finalizzato alla promozione ed alla divulgazione delle nuove frontiere espressive raggiunte da quella nutrita schiera di artisti stranieri che risiedono a Venezia, città da sempre dedita all'internazionalismo.
Per maggiori informazioni vai alla pagina Venice Village
Fuori dai Giardini ma dentro la Biennale
La Cina, su decisione governativa, non ha una propria rappresentanza nazionale (che era prevista negli spazi della Fondazione Bevilacqua La Masa), a causa dell'allarme Sars. Tuttavia in catalogo sono pubblicate le opere che erano state selezionale. I lavori all'interno delle mostre internazionali saranno invece presenti. Dall'Estremo Oriente, dopo una prima comparsa nel "54. torna il padiglione dell'Indonesia con la mostra "Lutto del mondo: paradiso perduto", presso Palazzo Malipiero (piazza San Marco) con lavori di: Made Wianta. Tisna Sanjaya, Dadang Christanto e Arahmaiani. Anche Singapore parteciperà per la seconda volta alla Biennale, con una mostra alla Fondazione Levi (Palazzo Giustinian Lolin), di lavori di Heman Chong, Ng Teck Yong Francis e Tatn Swie Hian, che testimoniano la diversità della scena artistica di Singapore. Una delle new entry più singolari è l'Iran, che a Palazzo Malipiero (San Marco) presenta le opere di Hossein, Khosrojerdi, Behruz Daresh. Ahmad Nadalian. Dall'Europa dell'Est, e per la quarta volta presente alla biennale veneziana. l'Estonia ospita il progetto di Marko Mäetamm e Kaido Ole, dal titolo "John Smith goes to Venice with Marko und Kaido", sempre a Palazzo Malipiero: mentre la Lettonia, alla sua terza partecipazione, presenta i lavori di Group "F5" ( leva Rubeze, Martins Ratniks. Liga Marcinkevica, Ervins Broks. Felikss Ziders). Tra le mostre a latere della Biennale, quest'anno raccolte sotto il titolo "Extra", ci sarà il padiglione di Hong Kong la cui sede si trova di fronte all'entrata delle Corderie. Hong Kong sarà rappresentato da Para/Site Ari Space, un collettivo composto da artisti, architetti, critici e designer. Altra presenza dall'Estremo Oriente è il padiglione di Taiwan, con la quinta partecipazione del Taipei Fine Arts Museum: presso il Palazzo delle Prigioni, in Piazza San Marco, espongono Shulea Cheang, Daniel Lee, Mingwei Lee. Goang-ming Yuan, sotto la dirczione artistica di Lin Shu-Min. Curiose le due nuove partecipazioni nazionali del (ìalles e della Scozia, quest'utima a Palazzo Giustinian Lolin con tre artisti di punta: Claire Barclay. Jim Lambie, Simon Starling: mentre "Further: Artists from Wales" si tiene all'Ex Birreria (Giudecca) con lavori di Paul Seawright. Cerith Wyn Evans, Simon Pope e Bethan Huws. Per la prima volta rappresentati da padiglioni nazionali, nel centro storico veneziano, sono anche il Kenia (Richard Onyango e Armando Tanzini). la Thailandia (Karnol Phaosavasdi, Tawatchai Pumusawasdi, Michael Shaowanasai, Vasan Sìtthiket, Manit Sriwanichpoom, Montri Toemsombat e Sakarin Knie-On). la Bosnia-Erzegovina (Maja Bajevic, Jusuf Hadzifejzovic, Edin Numankadic, Ncbojsa Seric-Soba) e Serbia e Montenegro ai Giardini (Internalional Exhibition of Modern Art).
Inoltre l'associazione culturale veneziana Arte Comnunications, presieduta da Paolo De Grandis (già curatore aggiunto delle partecipazioni nazionali di Singapore, Estonia, Indonesia, Iran, Taiwan e Hong Kong) organizza in parallelo alla Biennale diverse esposizioni. Presso il Chiostro di S. Francesco della Vigna "Play The Glass con tenerezza" presenta lavori della giapponese Masuda Hiromi e "Luce dall'Estremo Oriente" dell'artista giapponese Kuma. A Palazzo Malipiero Angel Orensanz è presente con la mostra "A Burning Univers".
Robert Morgan alla guida di OPEN2OO3
Fonte: Il Gazzettino Lorenzo Mayer
La nomina, dopo l'improvvisa scomparsa di Pierre Restany che ne aveva curato con grande successo le precede nti edizioni, del noto critico e storico d'arte americano Robert C. Morgan, come curatore de ll'edizione 2003. Con questa novità entrano nel vivo i preparativi per la sesta edizione dell'Esposizione internazionale di sculture ed istallazioni Open 2003, che verrà inaugurata al Lido il prossimo 27 agosto, in contemporanea con la Mostra del Cinema, per conclude rsi il 5 ottobre e sarà incentrata proprio sul binomio arte & cinema, quasi a voler ribadire il forte legame esistente tra le due arti. L'evento è ideato e promosso da Paolo De Grandis , presidente di "Arte Comunications", con la co-organizzazione dell'assessorato alla cultura del Comune di Venezia, il patrocinio del Ministero de gli Affari Esteri, e quello del Ministero per i Beni e Attività culturali. Come tradizione, intanto, le Ambasciate dei paesi partecipanti hanno dato l'adesione al patrocinio, così come Regione Veneto, Provincia, Comune di Venezia e Municipalità del Lido, si sono schierate al fianco della manifestazione. Una rassegna artistica alla quale quest'anno saranno presenti attori e registi che, nei vari contesti culturali, si sono impegnati nel mondo de ll'arte ed hanno contribuito a rafforzare il forte legame tra arte visiva e arte cinematografica. Sviluppando l'iterazione tra le due arti e la loro diretta congruità. Il rapporto tra arte e cinema sta da sempre alla base de l Premio "OPEN Rotella", il prestigioso riconoscimento che ogni anno Open assegna ad un regista, tra quelli presenti al festival del cinema di Venezia. L'esposizione internazionale di sculture ed istallazioni ("importata" in vari paesi del mondo) si apre quest'anno ad artisti di paesi come Russia, Albania, Marocco ed Iran, che parteciperanno ad Open per la prima volta. A questo proposito, sono già sbarcati al Lido l'artista Fathiya Tahri Joutei, moglie del Ministro degli Esteri del Marocco accompagnata da Fatima Unruh, per visionare lo spazio espositivo riservato alla loro opera, all'hotel Westin Excelsior. L'evento ospiterà, inoltre, i percorsi espressivi, tra gli altri anche di Julian Schnabel, artista-regista, Dennis Hopper e Gina Lollobrigida, l'attrice regista che da anni si sta imponendo nell'ambito scultoreo e fotografico ed a Open 2003 esporrà una scultura di grandi dimensioni. La Lollobrigida rappresenterà l'Italia insieme a Ferruccio Gard. L'esposizione si svilupperà all'aperto attraverso i luoghi più caratteristici de ll'isola, utilizzando vie e piazze de l Lido, ma anche nei prestigiosi hotels Excelsior, Des Bains ed Hungaria Palace.
KUMA La luce circolante dall’estremo Oriente
Fonte: La Gazzetta di Sondrio
Di per sé il Chiostro di San Francesco della Vigna, nei pressi dell’Arsenale, dove vi sono due originali installazioni “La Luce circolante”, un insieme di prismi di vetro e ferro dal peso di 200 Kg e “La Campanella”, una scultura di metallo composta di lastre incise per una lunghezza di 100 metri dell’artista giapponese Kuma(Venezia 12 giugno- 2 novembre 2003), è un luogo sublime.
Nel chiostro, dove tombe sacre ricordano uomini virtuosi dell’antichità, si respira un’aria di luoghi eterni ed immoti che danno pace all’animo.
Lì, tra quelle mura, Kuma, maestro nipponico di fama mondiale, eclettico, potentemente visionario, vitale e passionale nel suo rapporto con la materia, sempre poetico anche nei suoi esiti apparentemente più ingenui, ha innalzato una torre di luce.
L’artista che ha un’avviata e famosa Factory nelle vicinanze di Tokyo, sembra, sebbene conosca i segreti più nascosti delle sofisticate tecnologie(Cfr.www.kuma-3.com), un nobile samurai. Ha realizzato manifesti, sculture in ferro, ha lavorato con Kitano( il regista giapponese che ha vinto il leone d’oro per il suo film “Fuochi d’artificio” alla Mostra di Venezia), è conosciutissimo a Monaco, Milano, New York, Pechino, in India…
Tra i suoi lavori più noti vi è Tree of Wind, installato nel Sahara nigeriano, a Tenerè, nel 1988 e Kuma Blue nel tempio Gangoji di Nara, riconosciuto dall’UNESCO come Sito patrimonio dell’umanità.
Allegro e spiritoso, non lascia indifferenti per la sua forte personalità .
Le sue risposte alle nostre domande, inducono a riflettere seriamente sul destino del mondo e di come si pone un artista di fronte ai tormenti del nostro tempo(immigrazione, interculturalità, globalizzazione, tolleranza…)
Com’è che tra i tanti posti bellissimi di Venezia, per le sue sculture ha scelto s. Francesco della Vigna?
Nel novembre scorso sono tornato a Venezia per vedere questo posto indicatomi dalla co- organizzazione Arte Communications. Il Chiostro era illuminato dalla luce limpida del cielo terso e fui ispirato come nel deserto del Sahara quando creai L’albero del Vento o in
Mongolia con l’arrivo dell’inverno dal deserto del Gobi. In Giappone, poi, ho elaborato questo progetto, una torre di luce che ho montato con la sola forza dei muscoli , aiutandomi con rulli, leve, scale.
Ma dopo la Biennale 2003, che cosa ne farà di questa intrigante torre?
Se non ci saranno altre proposte, non avrò altro da fare che smontarla e riportarla nella mia Factory che è a circa un’ora da Tokyo, dove costruisco e creo le mie opere.
Come concilia la sua vita così movimentata, con la sua cultura(lo shinto) che è tutto un contemplare e vivere nella natura?
Essendo nato in Giappone, lo shintoismo è parte della mia formazione naturale, perché qualsiasi cosa: l’erba, i sassi, il cielo, il vento esprimono un’idea di quello che è Dio(il Kami). Essendo poi un artista, riesco a connettere le ispirazioni che mi provengono dalla natura, con il mio agire molto frenetico e passionale. Non vedo un contrasto tra di loro, perché anche nella mia attività vi è poi una quiete che mi fa rientrare nella natura e nella naturalità delle cose.
Si dice che tutti i giapponesi oggi non fanno che correre dietro i soldi e al potere. E’ soddisfatto di quello che fa e di come si realizza?
Quando creo, la mia concentrazione è posta esclusivamente nell’opera che sto modellando: mi estraneo totalmente da quello che fa la gente o dai possibili risultati derivanti dalla mia creazione( cioè se sarà venduta o meno).
Per me quest’aspetto non è primario, perché sto bene solamente quando forgio un’opera, però debbo dire che alla fine, mi viene da riflettere su cosa ne farò.
Quindi, entra in gioco la parte più legata all’economia.
E’ più shintoista o buddhista?
Siccome sono giapponese, dentro di me vi sono entrambe le cose. Il buddhismo è più legato alla filosofia, mentre lo Shinto lo è alla natura, a quanto ci circonda.
Il buddhismo, essendo più concettuale, risulta difficile alla struttura semplice dei miei compatrioti. L’essere umano è un invitato dalla vita e dovrà lasciare la “casa” in cui è stato ospitato, più bella, più pulita, più sicura di come l’ha trovata.
Lei, allora, condivide le lotte ecologiche?
Certamente. L’inquinamento ambientale, lo scempio e lo sfruttamento del nostro piccolissimo e sovrappopolato pianeta, si sono trasformati in una frenesia suicida, cui bisogna mettere fine.
E quelle per sentirsi Oneworld?
Mi considero un uomo senza confini: se c’è futuro o non futuro, non mi interessa. Appartengo al mondo, mi sento del mondo al di là delle persone presenti o delle religioni. Mi sento una parte del Tutto.
Inoltre, ciascuno di noi se è ospite della vita in un altro Paese, ne apprenderà gli usi, le credenze, le leggi e si adopererà, per quanto è possibile, di contribuire al suo benessere e al patrimonio culturale, mai dimenticando di salutarsi scambievolmente con simpatia, nel condiviso miracolo della vita.
Maria De Falco - Marotta